Un team di scienziati tedeschi ha sviluppato un innovativo sistema per individuare forme di vita aliena, che potrebbe rivoluzionare le future missioni spaziali. Il metodo si basa sull’osservazione della motilità microbica, una caratteristica fondamentale degli organismi viventi, e potrebbe facilitare la ricerca di segni di vita su Marte e altri pianeti.
La sfida della ricerca della vita su Marte
Dimostrare l’esistenza di organismi extraterrestri sarebbe una delle scoperte più sconvolgenti della storia, ma individuarli in ambienti estremi come quello marziano è un’impresa complessa. Gli attuali rover della NASA, equipaggiati con strumenti sofisticati, cercano tracce biologiche intrappolate nelle rocce del Pianeta Rosso. Tuttavia, queste tecnologie potrebbero non essere sufficientemente sensibili per rilevare microrganismi viventi, soprattutto in presenza di biomassa estremamente ridotta.
Secondo Belinda Ferrari, professore di Microbiologia all’UNSW di Sydney, la strumentazione attuale non è in grado di rilevare forme di vita con un’abbondanza così limitata. Su Terra, per individuare batteri e altri microbi, si utilizzano metodi avanzati come la sequenziazione del DNA e l’analisi microscopica. Anche se sono in fase di sviluppo tecnologie di sequenziamento genetico portatile, la loro sensibilità è ancora insufficiente per essere utilizzata in missioni spaziali.
Un nuovo approccio basato sul movimento microbico
Il nuovo studio propone di superare queste difficoltà puntando sulla motilità microbica, ovvero la capacità degli organismi unicellulari di muoversi autonomamente. Questo comportamento distingue nettamente i microbi viventi dal semplice movimento casuale delle particelle, noto come moto browniano. Poiché la motilità si è evoluta più volte in modo indipendente sulla Terra, gli scienziati ritengono che potrebbe essere una caratteristica comune anche alla vita extraterrestre.
Max Riekeles, ricercatore dell’Università Tecnica di Berlino, spiega che il team ha sperimentato un metodo per stimolare il movimento microbico con una sostanza chimica specifica, la L-serina. Questa molecola è nota per attrarre batteri e archaea, spingendoli a muoversi verso di essa attraverso un processo chiamato chemiotassi. Se la motilità è un principio universale della vita, questo metodo potrebbe rappresentare un’importante biosignatura nelle ricerche future.
Microbi estremofili: modelli per la vita su Marte
Per testare il nuovo approccio, i ricercatori hanno selezionato tre microrganismi estremofili, capaci di sopravvivere in condizioni ambientali estreme simili a quelle di Marte.
- Bacillus subtilis, un batterio presente nei suoli terrestri e nell’apparato digerente umano, noto per la sua resistenza alle alte temperature (fino a 100°C).
- Pseudoalteromonas haloplanktis, un batterio che prospera nelle fredde acque antartiche, utile per simulare ambienti gelidi come quelli marziani.
- Haloferax volcanii, un archaea adattato a sopravvivere in ambienti estremamente salini, come il Mar Morto.
La scelta di questi tre organismi non è casuale: le loro capacità di adattamento permettono di ipotizzare che forme di vita simili potrebbero esistere su Marte, soprattutto nelle sue regioni più inospitali.
Un metodo semplice per future missioni spaziali
L’esperimento condotto dagli scienziati ha dimostrato che tutti e tre i microbi testati erano attratti dalla L-serina, confermando la validità dell’approccio. Per verificare la risposta alla sostanza chimica, il team ha utilizzato un sistema di camere separate da una sottile membrana: da un lato era presente il campione con i microbi, dall’altro la L-serina. Se gli organismi erano vivi e capaci di muoversi, attraversavano la membrana per raggiungere la molecola attrattiva.
Riekeles sottolinea che questa tecnica è economica, semplice e non richiede sistemi informatici complessi per analizzare i risultati. Tuttavia, prima di poter essere implementata su Marte, il metodo dovrà essere ulteriormente perfezionato per adattarsi alle condizioni estreme del pianeta.
Un futuro più vicino alla scoperta della vita aliena?
L’introduzione di un test basato sulla motilità microbica potrebbe rendere la ricerca della vita su Marte più efficiente e accessibile, ottimizzando le risorse delle missioni spaziali. Se confermato, questo approccio potrebbe essere integrato nei futuri rover inviati su pianeti e lune potenzialmente abitabili.
Lo studio, pubblicato su Frontiers in Astronomy and Space Sciences, apre nuove prospettive nella ricerca astrobiologica e avvicina l’umanità a rispondere a una delle domande più profonde della scienza: siamo soli nell’universo?