Un’eccezionale scoperta ha portato all’identificazione di 2.500 nuovi buchi neri attivi all’interno di galassie nane, ossia quelle che ospitano un numero di stelle notevolmente inferiore rispetto alla Via Lattea. Questo studio, il più vasto mai condotto in questo ambito, è stato guidato da Ragadeepika Pucha, dell’Università dello Utah, ed è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista The Astrophysical Journal.
L’importanza di questa ricerca risiede anche nella possibilità di approfondire lo studio dei buchi neri intermedi, ossia quelli con una massa pari a poche centinaia di volte quella del Sole. Questi oggetti celesti risultano particolarmente difficili da individuare e la loro natura è ancora poco compresa dagli astrofisici.
Il ruolo di Desi nella scoperta
Determinante per questa rilevazione è stato Desi (Dark Energy Spectroscopic Instrument), uno strumento di alta tecnologia installato su uno dei telescopi dell’Osservatorio di Kitt Peak, negli Stati Uniti. Questo sofisticato apparato è in grado di catturare simultaneamente la luce proveniente da 5.000 galassie, consentendo di analizzare enormi quantità di dati in tempi relativamente brevi.
Desi è il frutto di una collaborazione scientifica internazionale che coinvolge oltre 900 ricercatori e ha come obiettivo lo studio di circa 40 milioni di galassie e quasar. Lo studio guidato da Pucha si è basato sui primi dati raccolti, che riguardano 410.000 galassie, di cui ben 115.000 sono galassie nane. Queste ultime si caratterizzano per la presenza di migliaia o miliardi di stelle, accompagnate da una ridotta quantità di gas interstellare.
La scoperta dei buchi neri intermedi
All’interno delle 115.000 galassie nane analizzate, gli scienziati hanno individuato 2.500 buchi neri attivi, ossia quelli che emettono enormi quantità di radiazioni a causa del materiale che precipita al loro interno. Tra questi, solo 300 appartengono alla categoria dei buchi neri intermedi, ossia quelli con una massa compresa tra i buchi neri di piccola taglia (inferiori a 100 volte la massa solare) e quelli supermassicci, come quelli situati al centro delle grandi galassie.
I buchi neri intermedi rappresentano un vero e proprio enigma per la comunità scientifica: la loro esistenza è stata ipotizzata da tempo, ma la loro individuazione è resa difficile dalle attuali capacità osservative dei telescopi. Tuttavia, i 300 nuovi esemplari scoperti grazie a Desi potrebbero fornire informazioni cruciali per comprendere meglio le loro caratteristiche, la loro formazione e il loro ruolo nell’evoluzione delle galassie.