Nuove simulazioni suggeriscono che le prime supernove dell’universo abbiano generato quantità sorprendenti di acqua, gettando le basi per la formazione della vita appena 100 milioni di anni dopo il Big Bang. Questo scenario affascinante, se confermato, ridefinirebbe la nostra comprensione dell’evoluzione cosmica e della distribuzione dell’acqua nel cosmo. Tuttavia, dimostrarlo sarà estremamente complesso.
L’acqua, elemento chiave nell’universo
Secondo la NASA, l’acqua è uno dei composti più abbondanti nell’universo. Al di là della Terra, è stata rilevata in molteplici ambienti del Sistema Solare, come sulla superficie e nel sottosuolo di Marte, all’interno delle calotte polari di Mercurio, nei gusci delle comete e negli oceani sotterranei di alcune lune giganti. Gli astronomi hanno anche individuato acqua su esopianeti lontani e nelle immense nubi di gas interstellare che attraversano la Via Lattea.
Fino ad oggi, gli scienziati ritenevano che l’acqua si fosse accumulata nel corso di miliardi di anni attraverso la combinazione dell’idrogeno con l’ossigeno prodotto dalle stelle ed espulso con le supernove. Tuttavia, le nuove simulazioni suggeriscono che l’acqua potrebbe essersi formata in quantità considerevoli molto prima del previsto.
Il ruolo delle prime supernove
Uno studio pubblicato il 9 gennaio sul server di preprint arXiv ha modellato la fine esplosiva delle prime stelle giganti dell’universo, ognuna con una massa di circa 200 volte quella del Sole. Le simulazioni hanno mostrato che queste esplosioni potrebbero aver creato le condizioni necessarie per la formazione dell’acqua, in quantità fino a 30 volte superiori rispetto a quella oggi osservata nello spazio interstellare della Via Lattea.
L’acqua si sarebbe originata nei densi addensamenti di idrogeno e ossigeno lasciati dalle esplosioni stellari, suggerendo che questo elemento essenziale fosse già presente nell’universo appena 100-200 milioni di anni dopo il Big Bang.
Se confermata, questa scoperta potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione dell’evoluzione delle galassie e della potenziale esistenza di vita extraterrestre.
Il mistero delle stelle di popolazione III
Uno dei problemi principali dello studio è che le stelle analizzate nelle simulazioni, note come stelle di popolazione III, non sono mai state osservate direttamente. La loro esistenza è stata dedotta studiando le stelle formatesi dai loro resti, ma non sappiamo con certezza quali fossero le loro caratteristiche.
Se effettivamente l’universo primordiale fosse stato ricco di acqua, questo solleverebbe anche un altro enigma: perché oggi non ne vediamo molta di più? Alcuni scienziati ipotizzano che il cosmo abbia attraversato un periodo di essiccazione, durante il quale grandi quantità di acqua sarebbero andate perdute, ma le cause di questo evento rimangono sconosciute.
Un’altra possibilità è che, pur formandosi presto, l’acqua sia stata in gran parte distrutta da processi astrofisici come l’ionizzazione, che avrebbe frammentato le molecole d’acqua nei primi miliardi di anni dell’universo.
L’acqua nell’universo primordiale e la possibilità di vita
Anche se la presenza di acqua è considerata un ingrediente fondamentale per la vita, non vi è alcuna certezza che la sua abbondanza nell’universo primordiale abbia realmente aumentato le probabilità di sviluppo della vita extraterrestre.
Tuttavia, se gli elementi essenziali alla vita erano già presenti molto prima del previsto, ciò potrebbe implicare che le condizioni per la nascita della vita siano più comuni di quanto attualmente si pensi. Questo apre nuove prospettive sulla ricerca di vita oltre la Terra, spingendo gli astronomi a riconsiderare quando e dove potrebbero essere sorte le prime forme di vita nell’universo.