Le canzoni delle megattere mostrano schemi strutturali che richiamano quelli del linguaggio umano. Sebbene non si possa affermare che i loro canti trasmettano concetti complessi come le frasi umane, questi schemi suggeriscono che le balene potrebbero apprendere i loro suoni in un modo simile a quello con cui i neonati iniziano a comprendere il linguaggio.
Il canto delle megattere: una comunicazione evolutiva
Solo i maschi delle megattere (Megaptera novaeangliae) emettono questi canti, e si ritiene che abbiano un ruolo fondamentale nell’attrazione delle compagne. Ciò che rende ancora più affascinante questo comportamento è il fatto che le canzoni non restano statiche, ma si evolvono continuamente. Nuovi elementi emergono e si diffondono nella popolazione fino a sostituire completamente le melodie precedenti.
Secondo Jenny Allen, della Griffith University di Gold Coast, in Australia, il modo in cui questi canti si diffondono all’interno di una popolazione può essere paragonato a un test standardizzato. Ogni megattera deve eseguire lo stesso schema sonoro, ma ha la possibilità di modificarlo leggermente per distinguersi dagli altri individui.
Lo studio sui canti delle megattere
Per comprendere la struttura dei canti delle balene, Allen e il suo team hanno analizzato otto anni di registrazioni effettuate nell’Oceano Pacifico, nei pressi della Nuova Caledonia. L’obiettivo non era cercare un significato nei canti, ma piuttosto individuare eventuali schemi statistici che potessero ricordare quelli presenti nel linguaggio umano.
Gli studiosi hanno assegnato codici alfanumerici ai vari elementi sonori registrati, individuando circa 150 suoni unici. Ogni combinazione di suoni è stata rappresentata con sequenze specifiche. Per esempio, una sequenza di suoni come “grugnito-grugnito-squittio” potrebbe essere codificata come AAB, mentre un’altra come “gemito-squittio-grugnito” potrebbe essere rappresentata con CBA.
Una volta completata questa fase, un team di linguisti ha cercato il metodo più efficace per analizzare la struttura delle sequenze. La svolta è arrivata quando i ricercatori hanno applicato una tecnica utilizzata nello studio dell’apprendimento linguistico nei neonati, nota come probabilità di transizione.
L’analogia con l’apprendimento linguistico nei neonati
Secondo Inbal Arnon, dell’Università Ebraica di Gerusalemme, quando i bambini imparano a parlare, non trovano spazi tra le parole nel discorso continuo degli adulti. Per riconoscere i confini delle parole, si affidano a informazioni statistiche: alcuni suoni tendono a comparire insieme con maggiore frequenza, segnalando che probabilmente appartengono alla stessa parola.
Lo stesso principio è stato applicato ai canti delle megattere. Analizzando le versioni alfanumeriche delle canzoni, i ricercatori hanno identificato punti di transizione, ovvero momenti in cui il passaggio da un suono all’altro risultava meno prevedibile.
Secondo Arnon, questi tagli segmentano il canto in sequenze più brevi, e sorprendentemente, la loro distribuzione segue lo stesso schema riscontrato in tutte le lingue umane.
La distribuzione di Zipf nei canti delle balene
I risultati hanno evidenziato che i suoni più comuni nei canti delle megattere tendono a essere più brevi, proprio come accade nel linguaggio umano. Questo fenomeno è noto come legge di abbreviazione di Zipf, una regola linguistica secondo cui le parole più usate nelle lingue umane tendono a essere più corte.
Secondo Nick Enfield, dell’Università di Sydney, che non ha partecipato allo studio, l’analisi rappresenta un metodo innovativo per studiare i canti delle balene. Lo studioso fa un’analogia con il libro “Guerra e pace”: la parola più frequente è circa due volte più comune della seconda più frequente, e così via. Questo stesso schema matematico è stato individuato anche nei canti delle megattere.
Il ricercatore Simon Kirby, dell’Università di Edimburgo, inizialmente non credeva che il metodo avrebbe prodotto risultati significativi. Tuttavia, quando il grafico dei dati ha mostrato un’analogia perfetta con quelli relativi al linguaggio umano, è diventato chiaro che tra le balene e gli esseri umani esiste una profonda somiglianza, nonostante milioni di anni di evoluzione separata.
Il canto delle balene non è un linguaggio, ma è appreso culturalmente
Nonostante le similitudini statistiche, i ricercatori sottolineano che questo non significa che le megattere abbiano un linguaggio simile a quello umano. Piuttosto, il fatto che entrambi seguano strutture statistiche comuni suggerisce che le canzoni delle balene potrebbero essere apprese in un modo simile a quello in cui gli umani imparano a parlare.
Secondo Enfield, il linguaggio umano è caratterizzato da molteplici aspetti che lo rendono unico, e la somiglianza con i canti delle balene riguarda solo alcuni elementi strutturali, senza implicare la trasmissione di significati complessi.
Similitudini con altri mammiferi marini
Un altro studio, condotto da Mason Youngblood della Stony Brook University di New York, ha analizzato le comunicazioni di altre specie di cetacei. I risultati hanno rivelato che la legge di Menzerath, che stabilisce che le frasi più lunghe tendono a essere composte da parole più brevi, era presente in 11 delle 16 specie di cetacei esaminate. Inoltre, la legge di abbreviazione di Zipf è stata individuata in due delle cinque specie per cui erano disponibili dati sufficienti.
Secondo Youngblood, questi studi indicano che i canti delle balene si sono evoluti per essere più efficienti e più facili da apprendere. Inoltre, suggerisce che alcune caratteristiche di questi schemi sonori possano derivare sia da fattori biologici, come l’anatomia dell’apparato vocale, sia da fattori culturali, come la trasmissione delle canzoni da un individuo all’altro.
Questa combinazione di biologia ed evoluzione culturale potrebbe spiegare perché il canto delle megattere segue regole statistiche così simili a quelle del linguaggio umano, pur non essendo una vera e propria forma di comunicazione linguistica.