Un’inaspettata rivelazione paleontologica emerge dal Brasile nord-orientale, dove nuove analisi al carbonio-14 suggeriscono che alcuni grandi mammiferi preistorici abbiano vagato sulla Terra 3.500 anni fa, migliaia di anni dopo la presunta estinzione della megafauna sudamericana.
Fossili più recenti del previsto: il caso di Palaeolama major e Xenorhinotherium bahiense
Per decenni, gli scienziati hanno ritenuto che i grandi mammiferi preistorici del Sud America, come i bradipi giganti e altri animali della megafauna, fossero scomparsi circa 11.000 anni fa, all’inizio dell’Olocene. Tuttavia, il geologo Fábio Faria e il suo team dell’Universidade Federal do Rio de Janeiro hanno analizzato otto denti fossili provenienti da due siti nel Brasile nord-orientale e hanno ottenuto risultati sorprendenti.
Due denti in particolare – uno appartenente a Palaeolama major, un antico parente delle odierne llama, e un altro di Xenorhinotherium bahiense, un camelide con un curioso muso simile a quello di un tapir – hanno rivelato un’età molto più recente rispetto alle aspettative. Questi animali erano ancora presenti nel paesaggio sudamericano circa 3.500 anni fa, ben oltre la data di estinzione comunemente accettata.
“Con questa datazione volevamo comprendere meglio la distribuzione della megafauna antica in Sud America,” ha dichiarato Faria. “Quello che abbiamo scoperto era totalmente inatteso.”
Gli antichi mammiferi hanno convissuto più a lungo con l’uomo
L’idea che questi animali abbiano convissuto per millenni con le popolazioni umane è un aspetto rivoluzionario dello studio. Gli esseri umani sono arrivati in Sud America tra 20.000 e 17.000 anni fa, e si pensava che la loro presenza avesse accelerato la scomparsa della megafauna. Ora, i nuovi dati suggeriscono che alcune specie siano sopravvissute molto più a lungo, mantenendo un fragile equilibrio con gli insediamenti umani.
Secondo Dimila Mothé, paleoecologa dell’Universidade Federal do Estado do Rio de Janeiro, la scoperta è fondamentale: “Abbiamo già trovato fossili di 6.000 o 5.000 anni fa in America, ma questi nuovi ritrovamenti sono ancora più recenti e riscrivono la storia della megafauna del continente.”
Un rifugio nella regione intertropicale del Brasile
Uno degli aspetti più interessanti della scoperta è la sua localizzazione geografica. Entrambi i fossili sono stati ritrovati nello stesso sito del nord-est del Brasile, il che suggerisce che quest’area potrebbe aver funzionato da rifugio per gli ultimi esemplari di queste specie.
Durante quel periodo, l’ambiente della Regione Intertropicale Brasiliana stava subendo importanti cambiamenti climatici: le praterie aperte si stavano trasformando in foreste, riducendo drasticamente gli spazi adatti per il pascolo. Questi antichi camelidi potrebbero aver cercato riparo nelle ultime aree di savana rimaste, tentando di adattarsi a un habitat sempre più ridotto.
La fine della megafauna: non solo colpa dell’uomo
L’estinzione di questi animali è spesso attribuita alla caccia eccessiva da parte degli umani o ai cambiamenti climatici. Tuttavia, secondo Mothé, la nuova scoperta suggerisce una causa più complessa. “Probabilmente è stata una combinazione di entrambi i fattori,” ha spiegato la paleoecologa.
Fino ad oggi, molti studiosi brasiliani hanno adottato la teoria nordamericana secondo cui la megafauna fu sterminata rapidamente dalla pressione umana. “Eravamo così sicuri che la nostra megafauna risalisse solo all’inizio dell’Olocene che non abbiamo nemmeno pensato di datare i nostri fossili“, ha ammesso Faria. “Ora sappiamo che c’è ancora molto lavoro da fare per ricostruire con precisione la vera storia di questi giganti del passato.”