Le prime tracce del caffè tra i pastori degli altopiani dell’Etiopia
Il fascino del caffè affonda le sue radici tra le verdi alture dell’Etiopia, una terra dalla vegetazione rigogliosa e dal clima temperato, dove i primi arbusti selvatici di questa pianta avrebbero iniziato a diffondersi spontaneamente. Le leggende narrano che già attorno al IX secolo d.C., un pastore chiamato Kaldi notò il comportamento insolito delle proprie capre dopo che avevano brucato alcune bacche rosse. Quelle stesse bacche, destinate a diventare il simbolo dell’energia e della socialità, furono poi portate da Kaldi a un monaco della sua comunità. Secondo il racconto, il monaco, inizialmente diffidente, avrebbe gettato i frutti nel fuoco, sprigionando un profumo tanto avvolgente da spingerlo a recuperare i chicchi arrostiti e tentare l’infusione in acqua bollente.
Sebbene questa storia sia considerata più folklore che realtà documentata, il ruolo dell’Etiopia come culla del caffè è ampiamente riconosciuto dagli studiosi, soprattutto per la presenza dell’antica popolazione dei Galla, nota per masticare bacche di caffè mescolate con grasso animale per ricavare energia durante i lunghi spostamenti.
L’approdo del caffè nello Yemen e la nascita delle prime bevande
Dagli altopiani africani, la pianta del caffè attraversò il Mar Rosso per giungere nello Yemen, dove già tra il XIII e il XIV secolo le comunità di sufi adottarono l’infuso come ausilio per restare svegli durante le lunghe veglie di preghiera notturna. La città portuale di Mocha, oggi divenuta sinonimo di una varietà pregiata di caffè, divenne ben presto il centro nevralgico del commercio e della diffusione della bevanda.
Già nel 1414, la preparazione del qahwa, termine arabo che significa “bevanda stimolante”, era ampiamente diffusa nella Mecca, prima di espandersi rapidamente nelle città di Medina, Il Cairo e Damasco.
Dalla medicina islamica al piacere quotidiano
Le prime testimonianze scritte sull’utilizzo del caffè provengono dall’ambito medico islamico. Intorno al IX secolo, il celebre medico persiano Abū Bakr Muhammad ibn Zakariyyā al-Rāzī, noto in Occidente come Rhazes, descrisse nelle sue opere il “bunn”, il frutto della pianta, e il “buncham”, l’infusione derivata, attribuendogli proprietà stimolanti ma anche effetti indesiderati, come una possibile diminuzione del desiderio sessuale.
Nel XI secolo, un altro eminente scienziato islamico, Abū ʿAlī al-Ḥusayn ibn ʿAbd Allāh ibn Sīnā, meglio conosciuto come Avicenna, menzionò il caffè all’interno del suo autorevole trattato “Il canone della medicina”, indicando la bevanda come rimedio utile per combattere i cattivi odori corporei e per favorire la lucidità mentale.
Le prime caffetterie tra Istanbul e Il Cairo: luoghi di incontri e ribellione
Con l’avvento dell’Impero Ottomano, il caffè divenne parte integrante della vita sociale e culturale del mondo arabo. Già agli inizi del XVI secolo, nacquero le prime caffetterie a Istanbul, seguite dalle celebri case del caffè de Il Cairo e Aleppo. Questi spazi, noti come qahveh khaneh, non erano semplici luoghi dove sorseggiare una tazza fumante, ma autentiche fucine di cultura, dibattito e condivisione.
Nelle sale decorate con tappeti e narghilè, si recitavano poesie, si ascoltavano storie e si discutevano le vicende politiche. Tuttavia, la libertà di pensiero che aleggiava tra quei tavolini destò non poche preoccupazioni tra le autorità islamiche. I governanti ottomani tentarono più volte di reprimere l’uso del caffè e chiudere i locali pubblici, considerandoli potenziali focolai di sedizione, ma senza successo. La passione per il caffè aveva ormai attecchito.
Il viaggio verso l’Europa: tra diffidenza e battesimo papale
Nel XVII secolo, il caffè approdò nel Vecchio Continente grazie ai commerci con l’Impero Ottomano e alle rotte marittime che collegavano il Porto di Mocha con le città di Venezia, Amsterdam e Londra. I mercanti europei, tra cui spiccavano la Compagnia Inglese delle Indie Orientali e la Compagnia Olandese delle Indie Orientali, fiutarono l’enorme potenziale economico della bevanda e avviarono le prime coltivazioni nelle colonie tropicali come Giava, Ceylon (oggi Sri Lanka) e le Antille.
Nonostante l’entusiasmo crescente, il caffè suscitò inizialmente timori e pregiudizi, poiché associato ai “musulmani infedeli”. La diffidenza fu così marcata che, secondo un aneddoto, nel 1600, Papa Clemente VIII decise di “battezzare” la bevanda per renderla accettabile ai cristiani, sdoganandola definitivamente nel mercato occidentale.
Le colonie europee e la nascita delle piantagioni
Con il consolidarsi del commercio coloniale, Francia, Gran Bretagna e Paesi Bassi trasferirono la coltivazione del caffè nei territori d’oltremare. Martinica, Guadalupa, le Indie Orientali e il Brasile divennero ben presto le principali aree di produzione, trasformando il caffè in una delle merci più richieste sui mercati internazionali.
Il caffè oggi: tra tradizione e sostenibilità
Nel corso dei secoli, il caffè ha attraversato oceani e rivoluzioni, diventando simbolo di abitudini quotidiane e di incontri sociali. In Italia, l’arrivo del caffè è documentato già verso la fine del XVII secolo, ma fu nel XIX secolo che, con l’invenzione della macchina per espresso, la bevanda assunse la forma moderna che oggi conosciamo. Da Napoli a Torino, passando per Milano e Trieste, il rito del caffè espresso è divenuto una componente essenziale dello stile di vita italiano.
Attualmente, il Brasile resta il principale produttore mondiale, seguito da Vietnam, Colombia ed Etiopia. Tuttavia, la coltivazione del caffè è minacciata dai cambiamenti climatici, che rischiano di ridurre drasticamente la resa delle piantagioni, soprattutto nelle aree tropicali.
Mentre le caffetterie continuano a spuntare in ogni angolo del pianeta, dai vicoli di Roma ai grattacieli di Tokyo, l’aroma del caffè rimane il filo conduttore di una storia iniziata secoli fa tra le montagne dell’Etiopia e i porti dello Yemen, una storia fatta di scoperte, passioni e conquiste.