Gli scienziati planetari stanno riconsiderando l’attività geologica della Luna, in seguito alla scoperta di 266 creste rugose sulla sua superficie nascosta. Queste formazioni suggeriscono che il nostro satellite naturale non sia un corpo completamente morto, ma che processi geologici siano ancora in corso, sfidando l’idea tradizionale di una Luna inattiva da miliardi di anni.
Il lato nascosto della luna rivela nuove formazioni geologiche
La superficie della Luna sta continuando a contrarsi, e le creste rugose recentemente individuate sul suo lato nascosto potrebbero essere il risultato di questo fenomeno. La loro età, stimata tra 84 e 160 milioni di anni, suggerisce che questi processi siano molto più recenti di quanto si pensasse. Jaclyn Clark, scienziata dell’Università del Maryland, ha sottolineato l’importanza della scoperta, affermando che la dinamicità geologica lunare potrebbe influenzare le future missioni umane e la progettazione delle infrastrutture sul satellite.
Il lato visibile della Luna, quello che osserviamo dalla Terra, è caratterizzato dai maria lunari, vaste pianure di lava solidificata formatesi tra 3,2 e 3,6 miliardi di anni fa. Tuttavia, il lato opposto della Luna presenta pochissimi maria e, fino a oggi, si pensava che non ospitasse fenomeni tettonici significativi.
Un impatto antico ha influenzato l’attività geologica della luna?
Una teoria suggerisce che la differenza tra i due lati sia il risultato di un antico impatto. Un pianeta nano, dal diametro superiore ai 700 chilometri, avrebbe colpito la faccia visibile, lasciando un’eredità di isotopi radioattivi che hanno mantenuto il calore interno della crosta, favorendo il vulcanismo. Il lato nascosto, invece, avrebbe sviluppato una crosta più spessa, impedendo il rilascio del magma in superficie.
Nonostante questa differenza, il Bacino del Polo Sud-Aitken sul lato nascosto ospita alcuni piccoli maria, e proprio qui sono state individuate le creste rugose più recenti. Le immagini raccolte dal Lunar Reconnaissance Orbiter della NASA hanno rivelato formazioni molto più piccole rispetto a quelle della faccia visibile, con una larghezza di circa 100 metri e una lunghezza media di 1.000 metri.
Il mistero dell’età delle creste rugose
Gli scienziati hanno determinato l’età delle creste rugose analizzando i crateri presenti sulla loro superficie: più un’area è antica, più crateri dovrebbe avere, mentre le strutture più giovani tendono a sovrapporsi alle formazioni preesistenti. I risultati indicano che le rughe del lato nascosto si sono formate relativamente di recente, suggerendo che la Luna continui a contrarsi mentre il suo interno si raffredda.
Questa contrazione potrebbe essere all’origine dei terremoti lunari, già rilevati dai sismometri lasciati dagli astronauti delle missioni Apollo. Se l’attività sismica lunare fosse ancora in corso, potrebbe rappresentare un potenziale rischio per future basi umane sulla superficie.
Conferme dalla missione cinese Chang’e 5
Ulteriori prove a supporto di un’attività recente arrivano dall’analisi dei campioni prelevati dalla missione cinese Chang’e 5. Nel 2020, la sonda ha riportato sulla Terra materiale raccolto nella regione di Mons Rümker, situata nell’Oceanus Procellarum, un vasto mare lunare. Gli esami condotti su questi campioni hanno identificato perle di vetro vulcanico formatesi circa 123 milioni di anni fa, con un margine di errore di 15 milioni di anni.
Se questa datazione è corretta, significa che la Luna potrebbe aver sperimentato eruzioni vulcaniche relativamente recenti e che il suo nucleo interno sta ancora rilasciando calore. Questo rafforzerebbe l’ipotesi che il nostro satellite sia ancora geologicamente attivo, almeno in alcune sue regioni.
Implicazioni per le missioni future
Queste scoperte pongono nuove sfide per le agenzie spaziali che stanno pianificando il ritorno dell’uomo sulla Luna. Se la superficie lunare è ancora soggetta a movimenti tettonici, alcune aree potrebbero rivelarsi instabili per le future basi e infrastrutture. Gli scienziati dovranno quindi valutare con attenzione dove posizionare astronauti, moduli abitativi e strumenti scientifici, per evitare zone potenzialmente soggette a terremoti lunari.
Lo studio che ha portato a queste nuove scoperte è stato pubblicato il 21 gennaio nel The Planetary Science Journal, aprendo un nuovo capitolo sulla comprensione della geologia lunare e sulle sue implicazioni per l’esplorazione spaziale.