Un recente studio pubblicato su The Planetary Science Journal ha rivelato che la Luna potrebbe non essere così “morta” dal punto di vista geologico come si è sempre creduto. La ricerca, condotta da Cole Nypaver e Thomas Watters dello Smithsonian Institution, insieme a Jaclyn Clark dell’Università del Maryland, ha individuato sulla faccia nascosta del satellite una serie di piccole creste, segni di attività tettonica avvenuta in tempi relativamente recenti.
Secondo gli scienziati, queste strutture si sarebbero formate circa 200 milioni di anni fa, un battito di ciglia in termini geologici, considerando che si pensava che i principali movimenti della crosta lunare risalissero ad almeno 2,5 o 3 miliardi di anni fa.
La scoperta delle creste e il metodo di datazione
Il team ha identificato ben 266 piccole creste precedentemente sconosciute, localizzate in regioni di origine vulcanica che si erano formate oltre tre miliardi di anni fa. Per determinare l’età delle creste, gli scienziati hanno utilizzato una tecnica chiamata “crater counting”, ovvero il conteggio dei crateri da impatto presenti nelle vicinanze.
«Più crateri si trovano su una superficie, più questa è antica, perché ha avuto più tempo per accumularne di nuovi», spiega Jaclyn Clark. «Abbiamo contato i crateri attorno alle creste e notato che alcune di esse tagliano strutture preesistenti, segno che devono essersi formate dopo la loro creazione. Questo ci porta a ritenere che queste formazioni siano rimaste attive negli ultimi 160 milioni di anni».
Un fenomeno che interessa tutta la Luna
Anche la faccia della Luna rivolta verso la Terra presenta creste simili, seppur più antiche. Questo suggerisce che il meccanismo alla base di queste formazioni possa essere lo stesso e legato a due fattori principali:
- Il progressivo restringimento della Luna: il satellite sta lentamente contraendosi, provocando tensioni nella sua crosta.
- Piccole variazioni della sua orbita: questi cambiamenti potrebbero influenzare la distribuzione dello stress sulla superficie lunare.
Un ulteriore indizio sull’attività recente della Luna arriva dalle missioni Apollo, che già in passato avevano registrato fenomeni sismici superficiali, chiamati “lunamoti”. Le creste appena scoperte potrebbero essere il risultato di dinamiche simili.
Implicazioni per le future missioni spaziali
Queste scoperte sono fondamentali per la programmazione delle prossime missioni lunari, in particolare quelle legate al progetto Artemis, che punta a riportare l’uomo sulla Luna nei prossimi anni.
«Speriamo che le future spedizioni includano strumenti come il georadar, così da permettere ai ricercatori di analizzare meglio ciò che si cela sotto la superficie lunare», conclude Clark. «Sapere che la Luna è ancora geologicamente attiva ha implicazioni cruciali su dove posizionare astronauti, attrezzature e infrastrutture per future basi lunari».
Lontano dall’essere un corpo celeste del tutto inattivo, la Luna continua a sorprenderci, mostrando segni di una geologia ancora viva.