Contrastare i pensieri negativi ripetitivi fin dalle prime manifestazioni potrebbe essere un valido strumento per prevenire disturbi mentali. Per comprendere meglio questa dinamica, si può pensare ai personaggi di Ih-Oh e Pimpi. Pimpi, sebbene entusiasta, è un ansioso cronico, mentre Ih-Oh, sempre pessimista, tende a perdersi nella negatività fino a cadere nella depressione. Entrambi lottano con cicli mentali dannosi, un problema che, secondo lo psicologo Thomas Ehring dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco, rende difficile mantenere il benessere personale e le relazioni sociali.
Il legame tra pensieri negativi e disturbi mentali
Tradizionalmente, i pensieri negativi ricorrenti, come preoccupazioni e rimuginazioni, vengono trattati nell’ambito di percorsi terapeutici per disturbi come ansia, depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, insonnia e ideazione suicidaria. Tuttavia, gli esperti sottolineano che non è necessaria una diagnosi formale per aiutare le persone a interrompere questi schemi mentali problematici.
La psicologa Michelle Moulds dell’Università del New South Wales a Sydney evidenzia che il contenuto specifico delle preoccupazioni ha un ruolo marginale rispetto alla tendenza generale a rimanere intrappolati nei pensieri negativi. Di conseguenza, molti clinici suggeriscono di indirizzare il trattamento direttamente su questo processo mentale, come sottolineato in una pubblicazione su Nature Reviews Psychology.
Secondo Moulds e il collega Peter McEvoy della Curtin University di Perth, è importante superare il modello diagnostico tradizionale e chiedersi cosa impedisce a una persona di uscire da questo circolo vizioso.
Il sistema diagnostico tradizionale e i suoi limiti
Fino a pochi decenni fa, le diagnosi formali dei disturbi mentali erano piuttosto rare. La svolta avvenne nel 1980, con l’introduzione della terza edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-III), che definì criteri precisi per una vasta gamma di patologie. L’attuale versione del DSM supera le 900 pagine e include oltre 500 categorie diagnostiche.
Tuttavia, secondo Ehring, questo approccio ha portato a considerare le singole diagnosi come unità di riferimento primarie, mentre nella realtà clinica la maggior parte dei pazienti soddisfa i criteri di più disturbi contemporaneamente. Inoltre, due persone con la stessa diagnosi possono manifestare sintomi molto differenti, rendendo il sistema attuale meno efficace nel personalizzare i trattamenti.
Pensieri negativi e sintomi condivisi
Queste difficoltà hanno spinto alcuni studiosi a concentrarsi su fattori transdiagnostici, ovvero sintomi comuni a più disturbi, come:
- Evitamento emotivo
- Difficoltà nelle relazioni interpersonali
- Distorsioni cognitive nell’attenzione
- Tendenza alla ripetizione di pensieri negativi
I ricercatori si dividono tra chi sostiene un’integrazione tra approcci diagnostici tradizionali e transdiagnostici e chi, invece, suggerisce di abbandonare completamente le categorie diagnostiche per concentrarsi unicamente sui sintomi trasversali.
Come individuare il pensiero negativo ripetitivo
Alcuni specialisti stanno introducendo strumenti di valutazione specifici per identificare il pensiero negativo ricorrente. Ad esempio, il Questionario di Pensiero Perseverativo chiede di esprimere il grado di accordo con affermazioni come:
- “Gli stessi pensieri continuano a passarmi per la mente più e più volte.”
- “Continuo a farmi domande senza trovare una risposta.”
I pazienti devono valutare la frequenza di queste esperienze su una scala da 0 (mai) a 4 (quasi sempre).
Parallelamente, negli ultimi anni sono state sviluppate terapie mirate a interrompere il pensiero negativo ripetitivo. Lo psicologo Edward Watkins dell’Università di Exeter ha contribuito alla creazione della Terapia Cognitivo-Comportamentale Focalizzata sulla Rimuginazione (RFCBT), che si concentra sul modo in cui si pensa piuttosto che sul contenuto specifico dei pensieri.
Trattare i pensieri negativi senza una diagnosi formale
La RFCBT rappresenta un cambiamento di prospettiva rispetto alla terapia cognitivo-comportamentale tradizionale. Un terapeuta classico tende a esplorare il significato dei pensieri negativi di un paziente e a collegarli alla sua diagnosi specifica.
Al contrario, un clinico formato nella RFCBT non ha bisogno di un’etichetta diagnostica per intervenire. Invece di analizzare le cause delle preoccupazioni o le loro implicazioni, si aiuta il paziente a spostare l’attenzione su domande più concrete, come cosa può fare per affrontare il problema in modo pratico.
In altre parole, gli approcci transdiagnostici puntano a modificare il processo del pensiero indipendentemente dal tema su cui la persona si focalizza.
Prevenire disturbi mentali intervenendo sui pensieri negativi
L’obiettivo a lungo termine è individuare e trattare precocemente chi è incline al pensiero negativo ripetitivo, così da ridurre il rischio di sviluppare problematiche più gravi.
Uno studio pubblicato nel 2017 su Behaviour Research and Therapy ha coinvolto circa 250 adolescenti e giovani adulti con punteggi elevati nei test sul pensiero negativo ripetitivo. A metà dei partecipanti è stato fornito un addestramento per ristrutturare il modo di pensare, mentre l’altra metà non ha ricevuto alcun intervento.
Dopo un anno, il gruppo sottoposto a trattamento ha mostrato una riduzione significativa dei sintomi di ansia e depressione, suggerendo che intervenire su questo schema mentale potrebbe prevenire lo sviluppo di disturbi mentali.
La connessione tra salute mentale e fisica
Secondo Watkins, gli approcci transdiagnostici non solo sfidano i modelli diagnostici tradizionali, ma potrebbero applicarsi anche alla salute fisica. Numerose ricerche dimostrano che lo stress cronico influisce negativamente sul corpo, ad esempio aumentando i livelli di infiammazione e pressione sanguigna.
Questa prospettiva potrebbe portare a trattamenti che non solo riducono i disturbi mentali, ma migliorano anche la salute generale dell’individuo. In futuro, il confine tra psicologia e medicina potrebbe diventare sempre più sottile, con un approccio integrato alla salute globale.