La variante H5N1 D1.1 dell’influenza aviaria, già responsabile di casi umani gravi in Nord America, è stata recentemente individuata per la prima volta nel bestiame da latte negli Stati Uniti, in particolare in Nevada. L’annuncio, dato il 5 febbraio 2025 dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA), segna un punto critico nell’evoluzione della diffusione del virus.
Secondo la veterinaria ed epidemiologa ambientale Meghan Davis, esperta della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, questa scoperta potrebbe indicare un nuovo evento di spillover (passaggio del virus da una specie animale a un’altra), sollevando preoccupazioni sulla sicurezza del bestiame e sulla possibilità di infezioni umane.
Un fenomeno in crescita: H5N1 tra mucche e esseri umani
Negli Stati Uniti, da circa un anno una variante diversa, denominata H5N1 B3.13, ha colpito duramente il bestiame da latte, infettando quasi 1.000 mandrie in 16 stati. Questa diffusione ha provocato 40 dei 67 casi umani di influenza aviaria altamente patogena registrati nel paese dall’inizio del 2024, secondo i dati dei Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC).
Nonostante la maggior parte dei lavoratori agricoli colpiti abbia manifestato sintomi lievi, come febbre, tosse e congiuntivite, sono stati segnalati due casi particolarmente gravi:
- Un uomo della Louisiana di oltre 65 anni, primo decesso per H5N1 negli Stati Uniti.
- Una ragazza canadese di 13 anni, che dopo aver contratto il virus ha mostrato un quadro clinico critico ma attualmente è in fase di recupero.
In entrambi i casi, la variante responsabile è stata la D1.1, la stessa che ora è stata trovata nel bestiame.
Perché la scoperta della variante D1.1 nel bestiame è allarmante?
L’ipotesi iniziale degli scienziati era che la diffusione dell’H5N1 nelle mucche derivasse da un unico evento di spillover avvenuto alla fine del 2023, con una successiva trasmissione da mucca a mucca. La recente identificazione della variante D1.1 suggerisce invece che potrebbero esserci stati eventi di spillover multipli e che il virus potrebbe essere più diffuso di quanto si pensasse.
Le principali preoccupazioni riguardano:
- Un aumento della frequenza dei casi: se i casi nelle fattorie diventano più comuni, sarà necessario rafforzare le misure di biosicurezza.
- Una possibile maggiore gravità della malattia negli esseri umani: mentre la variante B3.13 ha causato sintomi relativamente lievi, la variante D1.1 è stata collegata a forme più severe di influenza aviaria negli esseri umani.
Quali sono i rischi per la salute umana?
Il ceppo H5N1 D1.1 è già stato osservato nel pollame, con esposizioni frequenti tra i lavoratori del settore avicolo. Tuttavia, non è ancora chiaro in che modo la presenza di questa variante nelle mucche da latte possa influenzare il rischio di infezione per gli esseri umani.
Alcuni scenari possibili includono:
- Esposizione diretta attraverso il latte: se il virus è presente in alte concentrazioni nel latte, potrebbero verificarsi contagi tra i lavoratori delle stalle durante la mungitura o altre attività di manipolazione.
- Vie di trasmissione diverse rispetto al pollame: il contatto con il bestiame potrebbe presentare modalità di esposizione inedite, che potrebbero aumentare il rischio di infezione o influenzare la gravità della malattia.
Come si evolvono le varianti dell’influenza aviaria?
Le varianti virali emergono a causa di mutazioni genetiche che possono modificarne la trasmissibilità, la gravità e la resistenza agli antivirali. La variante D1.1 e la B3.13 sono considerate geneticamente simili, ma anche piccole mutazioni possono conferire vantaggi evolutivi al virus.
Se una nuova variante acquisisce un vantaggio competitivo, potrebbe diventare dominante e quindi aumentare il rischio per il bestiamo e per l’uomo. Questo fenomeno è ciò che preoccupa maggiormente gli epidemiologi, poiché potrebbe portare a una maggiore diffusione del virus e a forme più gravi di infezione.
Come contenere la diffusione del virus?
La scoperta della D1.1 nel bestiame è stata possibile grazie a un nuovo programma di sorveglianza del latte introdotto dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA). Questa strategia prevede il monitoraggio del latte alla rinfusa, permettendo di individuare focolai di infezione prima che si diffondano su larga scala.
Per prevenire la diffusione del virus H5N1 nel bestiame e negli esseri umani, gli esperti sottolineano l’importanza di:
- Mantenere attivi i programmi di sorveglianza, sia nelle aziende agricole che nelle filiere di produzione del latte.
- Adottare misure di biosicurezza più rigorose nelle fattorie, per evitare nuovi spillover.
- Monitorare attentamente la salute dei lavoratori esposti, per individuare rapidamente eventuali nuovi casi di infezione.
La situazione rimane in evoluzione, e gli scienziati continueranno a studiare la diffusione di queste nuove varianti per comprendere i rischi per la salute pubblica.