Il buco nero supermassiccio situato al centro della Via Lattea, noto come Sagittarius A* (Sgr A*), si sta rivelando un vero spettacolo cosmico. Grazie alle osservazioni del James Webb Space Telescope (JWST), gli scienziati hanno scoperto che questa gigantesca entità non è affatto silenziosa, ma emette flare continui, generando una sorta di fuochi d’artificio spaziali. Queste emissioni potrebbero offrire nuove prospettive sulla relazione tra i buchi neri e le galassie che li ospitano.
Un’attività senza sosta nel cuore della galassia
I ricercatori hanno notato che Sgr A* manifesta un’attività estremamente variabile, con brillamenti che vanno da deboli bagliori di pochi secondi a esplosioni molto più potenti e luminose che avvengono quotidianamente. Alcuni flare di minore intensità possono durare per mesi, confermando che il buco nero centrale della nostra galassia è un ambiente in costante mutamento.
Lo strumento NIRCam del JWST è stato utilizzato per monitorare Sgr A* per diverse sessioni di osservazione, ognuna della durata di circa 8-10 ore, per un totale di due giorni distribuiti nell’arco di un anno. Questi studi hanno rivelato un’attività ancora più intensa del previsto, con esplosioni luminose ripetute più volte al giorno, e sub-flare più piccoli che si alternavano ai brillamenti principali.
Farhad Yusef-Zadeh, ricercatore della Northwestern University e leader dello studio, ha sottolineato l’unicità di Sgr A*:
“I flare sono previsti nei buchi neri supermassicci, ma il nostro si distingue per la sua natura imprevedibile. Non raggiunge mai uno stato stabile: ogni volta che lo osserviamo, vediamo qualcosa di nuovo.”
Il mistero dei flare: onde e turbolenze nello spazio
Gli scienziati non hanno ancora compreso del tutto i processi fisici che generano questi flare. Tuttavia, ipotizzano che eventi differenti possano essere all’origine dei brillamenti di varia durata.
Yusef-Zadeh ha paragonato il disco di accrescimento che circonda il buco nero a un fiume: i flare più deboli sarebbero simili a piccole increspature, mentre quelli più intensi e lunghi ricordano onde di marea generate da eventi più violenti.
Un meccanismo plausibile è la riconnessione magnetica, un fenomeno in cui campi magnetici opposti si scontrano e rilasciano enormi quantità di energia, accelerando le particelle cariche fino a velocità prossime a quelle della luce. Questo processo è analogo ai flare solari, sebbene in un contesto molto più estremo.
“La superficie del Sole è costantemente in fermento, ma nel caso di Sgr A* l’ambiente è ancora più dinamico ed energetico,” ha spiegato Yusef-Zadeh.
Un ritardo nei segnali luminosi: una nuova scoperta
L’uso della NIRCam ha consentito di osservare i flare in due diverse lunghezze d’onda della luce infrarossa, rivelando un dettaglio inatteso: la luce emessa nelle lunghezze d’onda più corte cambia prima di quella nelle lunghezze d’onda più lunghe.
Questo ritardo, che varia da pochi secondi fino a 40 secondi, suggerisce che le particelle accelerate perdano energia in modo differente a seconda della lunghezza d’onda, offrendo nuovi indizi sui processi fisici che avvengono intorno a Sgr A*.
“È la prima volta che osserviamo un ritardo simile a queste lunghezze d’onda,” ha sottolineato Yusef-Zadeh.
Il futuro delle osservazioni su Sagittarius A*
Per approfondire ulteriormente la natura di questi brillamenti, il team di ricercatori ha proposto di utilizzare il JWST per un’osservazione continuativa di 24 ore, così da ridurre il rumore e individuare dettagli ancora sfuggenti.
“Se riuscissimo a monitorare Sgr A* per un’intera giornata, potremmo scoprire se questi flare seguono schemi ricorrenti o se sono completamente casuali,” ha dichiarato Yusef-Zadeh.
Le nuove osservazioni potrebbero offrire una visione ancora più dettagliata dell’attività frenetica che anima il cuore della Via Lattea, avvicinando la scienza a una comprensione più approfondita di come i buchi neri influenzano la struttura e l’evoluzione delle galassie.