Le piante sono tra gli organismi più imponenti e antichi del pianeta, con esemplari che sfidano il tempo e le dimensioni. Tra i più sorprendenti c’è il Pando, una colonia clonale di pioppi tremuli che si estende per oltre 42 ettari e ha un’età stimata di 80.000 anni. Nell’oceano, invece, si trovano alcuni tra i più grandi organismi unicellulari, rappresentati da particolari alghe giganti. Quando si parla di alberi, il primato in altezza spetta a un esemplare di Sequoia sempervirens, che raggiunge i 115,92 metri, la cui esatta posizione rimane segreta per proteggerlo.
Se invece ci si concentra sui fiori, il record spetta senza dubbio alla Rafflesia arnoldii, nota anche come fiore cadavere o giglio cadavere. Questo fiore, dal diametro di circa un metro e con un peso che può superare i 9 chilogrammi, si distingue per il suo aspetto straordinario e per il fetore intenso di carne in decomposizione che emana. Un espediente naturale utilizzato per attrarre mosche e scarafaggi, fondamentali per la sua impollinazione.
Un parassita misterioso delle foreste pluviali
La Rafflesia arnoldii appartiene alla famiglia delle Rafflesiaceae, un gruppo di piante parassite prive di foglie, fusti e radici. La loro sopravvivenza dipende interamente dall’ospite su cui crescono, generalmente una vite del genere Tetrastigma, da cui traggono tutti i nutrienti necessari. Questo straordinario fiore si sviluppa nelle foreste tropicali del Borneo, di Sumatra e di altre aree dell’Indonesia, rimanendo per la maggior parte della sua esistenza nascosto all’interno della pianta ospite.
Quando inizia a emergere, il bocciolo ha l’aspetto di una grossa sfera marrone, simile a un cavolo, che lentamente si apre per rivelare un fiore gigantesco, dal caratteristico colore rosso con macchie bianche. La sua fioritura dura appena pochi giorni, dopo i quali il fiore si decompone rapidamente.
Una specie minacciata e difficile da coltivare
Nonostante la sua fama, la Rafflesia arnoldii è considerata a rischio a causa della distruzione dell’habitat, della raccolta per presunti usi medicinali e dell’interesse turistico. Coltivarla al di fuori del suo ambiente naturale si è rivelato estremamente complesso: persino istituzioni prestigiose come i Kew Gardens nel Regno Unito hanno incontrato grandi difficoltà nel farla crescere.
L’unico caso di coltivazione riuscita è stato registrato nei Giardini Botanici di Bogor, sull’isola di Giava, grazie alla determinazione della botanica Sofi Mursidawati. Dopo anni di tentativi, nel 2010 è riuscita a ottenere la fioritura di un esemplare maschile da un innesto di vite Tetrastigma, aprendo la strada a ulteriori successi nella coltivazione della specie.
Il rivale: l’Amorphophallus titanum, il gigante puzzolente
La Rafflesia arnoldii non è l’unico fiore dall’odore nauseabondo a detenere un record di grandezza. Un altro esempio è l’Amorphophallus titanum, conosciuto anch’esso come fiore cadavere. Pur non essendo imparentato con la Rafflesia, condivide con essa la stessa strategia di impollinazione: un odore putrido per attirare insetti.
A differenza della Rafflesia arnoldii, l’Amorphophallus titanum può superare i 2,7 metri di altezza, ma tecnicamente non è un fiore singolo, bensì un insieme di infiorescenze. Per questo motivo, il titolo di fiore individuale più grande del mondo rimane saldamente nelle mani (o meglio, nei petali) della Rafflesia arnoldii.
Natura, potresti regalarci fiori giganti che profumano meglio?
Se la natura ha creato fiori dalle dimensioni impressionanti, sarebbe forse troppo chiedere che almeno qualcuno di essi avesse anche un profumo gradevole? Purtroppo, per ora, sembra che il segreto per raggiungere dimensioni così straordinarie sia legato a una fragranza che ricorda la morte piuttosto che la bellezza.