Trascorrere anche solo un giorno lontano dalla protezione dell’atmosfera terrestre e del suo campo magnetico significa affrontare un’esposizione a radiazioni equivalente a quella di un intero anno sulla Terra. Questa sfida rappresenta un problema cruciale per le missioni spaziali a lungo termine, come i futuri viaggi su Marte. Per questo, la ricerca di soluzioni efficaci per mitigare questi rischi è una priorità per gli scienziati.
Un’innovativa tecnologia potrebbe offrire la risposta: gli idrogeli, materiali noti per la loro capacità di assorbire enormi quantità d’acqua, sono al centro di uno studio condotto dal Polymer Chemistry and Biomaterials Group dell’Università di Ghent, in Belgio. Gli scienziati hanno testato questi polimeri superassorbenti come possibili scudi anti-radiazioni per gli astronauti, sfruttando una tecnologia già familiare nel settore dei materiali avanzati.
L’idrogelo come scudo spaziale: una soluzione innovativa
Secondo Manon Minsart, assistente post-dottorato presso l’Università di Ghent, il polimero superassorbente utilizzato nello studio presenta un’importante peculiarità: può essere lavorato attraverso molteplici tecniche, tra cui la stampa 3D. Questo approccio consente di modellare l’idrogelo in forme altamente personalizzabili, ottimizzandone l’efficacia come barriera contro le radiazioni.
Gli idrogeli, già ampiamente impiegati in prodotti di uso quotidiano come lenti a contatto, pannolini e dispositivi medici, potrebbero quindi trovare una nuova applicazione cruciale nel settore aerospaziale. Lenny Van Daele, uno dei ricercatori coinvolti, sottolinea come questa tecnologia, sebbene nota, possa essere adattata alle condizioni estreme dello spazio per garantire la sicurezza degli astronauti.
Un’alternativa all’acqua per la protezione dalle radiazioni
L’acqua è riconosciuta come un eccellente scudo contro le radiazioni, ma il suo utilizzo nello spazio presenta problemi logistici, in particolare per la necessità di stivaggio e per il rischio di fuoriuscite accidentali. Gli idrogeli superassorbenti (SAP) rappresentano una valida alternativa: invece di impiegare acqua libera, il polimero la immagazzina in modo stabile, creando una protezione più uniforme e sicura.
Un altro vantaggio degli idrogeli è la loro resistenza strutturale. In caso di danni allo scudo protettivo, l’acqua trattenuta nel polimero non fuoriesce, eliminando il rischio di compromettere i delicati sistemi elettronici a bordo delle navicelle spaziali.
Applicazioni future: dagli astronauti alle missioni senza equipaggio
L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha già manifestato un forte interesse nello sviluppo di queste tecnologie, prevedendo ulteriori applicazioni per le missioni spaziali future. Malgorzata Holynska, della Sezione Materiali, Ambienti e Controllo della Contaminazione dell’ESA, ha evidenziato come l’idrogelo potrebbe essere utilizzato non solo per proteggere gli astronauti, ma anche per schermare i veicoli spaziali o come serbatoio d’acqua nelle missioni a lungo termine.
Lo studio si basa su precedenti ricerche che hanno già testato l’idrogelo in ambienti simulati per garantirne la sicurezza nelle condizioni spaziali. Peter Dubruel, responsabile del progetto, conferma che il team sta lavorando su nuove tecniche per migliorare la modellazione in 3D del materiale, con l’obiettivo di ottimizzare la produzione e renderla adatta a un utilizzo su scala industriale.
Grazie a queste innovazioni, il futuro delle missioni spaziali umane potrebbe essere più sicuro, aprendo la strada a nuove esplorazioni nel sistema solare.