Nuova frontiera nella ricerca oncologica: mutazioni genetiche ereditarie sotto accusa
Sono state individuate 380 mutazioni genetiche ereditarie ritenute essenziali per sostenere la comparsa e il progresso delle tredici forme di tumore più diffuse a livello mondiale. Questo straordinario risultato scientifico, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Genetics, apre prospettive decisive sia per la messa a punto di nuove terapie mirate, finalizzate a bloccare lo sviluppo delle neoplasie, sia per la realizzazione di test genetici personalizzati capaci di valutare il rischio individuale di insorgenza della malattia.
Lo studio è stato realizzato dall’Università di Stanford, nella California, sotto la guida del ricercatore Paul Khavari, il quale ha coordinato l’analisi di oltre 4.000 varianti genetiche, raccolte attraverso centinaia di indagini cliniche e molecolari condotte negli ultimi anni.
Tagliato il numero di mutazioni realmente responsabili del cancro
Fino ad oggi, erano note migliaia di mutazioni del DNA associate a un incremento del pericolo di tumore, ma questa ricerca ha permesso di selezionare soltanto le 380 effettivamente coinvolte nei meccanismi di crescita incontrollata delle cellule maligne.
I genetisti di Stanford hanno scelto di focalizzare l’indagine sulle alterazioni genetiche trasmesse dai genitori, anziché su quelle acquisite nel corso della vita per effetto di fattori ambientali o errori spontanei nella duplicazione del DNA.
Regioni regolatrici e geni: il cuore dell’anomalia cellulare
L’attenzione degli studiosi si è concentrata sulle regioni regolatrici del genoma umano, che svolgono il delicato compito di modulare l’attività dei geni, piuttosto che sulle sequenze codificanti proteine. Queste aree regolatrici risultano fondamentali per il controllo dell’espressione genica e, in caso di mutazione, possono innescare una cascata di eventi molecolari capace di favorire l’insorgenza di tumori.
Le mutazioni individuate influenzano processi biologici chiave come la morte cellulare programmata (apoptosi), le interazioni delle cellule con l’ambiente circostante e il funzionamento dei mitocondri, veri e propri motori energetici della cellula.
Processi infiammatori e sistema immunitario: connessione inaspettata con il cancro
Una delle sorprese più rilevanti emerse dall’indagine è il coinvolgimento di specifiche varianti genetiche nei meccanismi infiammatori dell’organismo.
Secondo Khavari, questa scoperta inedita suggerisce l’esistenza di un dialogo molecolare diretto tra cellule tumorali e sistema immunitario, capace di scatenare un’infiammazione cronica che, a sua volta, potenzia il rischio di trasformazione maligna dei tessuti.
Paul Khavari ha evidenziato come alcune delle mutazioni scoperte siano in grado di aumentare la predisposizione genetica verso diverse tipologie di tumore, sottolineando la complessità e l’interconnessione dei fattori genetici e ambientali nell’origine delle neoplasie.
Prospettive future: nuove terapie e test genetici personalizzati
Questo avanzamento nella genetica oncologica potrebbe rivoluzionare il modo di prevenire e trattare i tumori.
L’identificazione di mutazioni chiave permetterà agli specialisti di sviluppare farmaci innovativi capaci di bloccare selettivamente i geni coinvolti nella crescita tumorale, oltre a realizzare screening genetici individuali per identificare soggetti a elevato rischio e intervenire precocemente con strategie preventive mirate.
L’Università di Stanford, grazie a questa scoperta epocale, si conferma punto di riferimento mondiale nella ricerca sulle basi genetiche del cancro.