Quando si parla di gravidanza, l’attenzione si concentra quasi esclusivamente sui cambiamenti fisici e mentali che investono la futura madre. Tuttavia, una crescente quantità di ricerche scientifiche sta evidenziando come anche il cervello del padre subisca modificazioni significative, sia durante i mesi di attesa sia dopo la nascita del bambino. Questi mutamenti, documentati da studi condotti in Europa e Stati Uniti, stanno riscrivendo la comprensione dei processi biologici che accompagnano la paternità.
Il cervello dell’uomo cambia davvero durante la gravidanza della partner?
Secondo un’indagine pubblicata sulla rivista JAMA Psychiatry e condotta dagli psichiatri Hugo Bottemanne e Lucie Joly, la risposta è affermativa. Gli studi di neuroimaging dimostrano che il cervello dei padri subisce variazioni strutturali e funzionali già nel corso della gravidanza della compagna e nei mesi immediatamente successivi alla nascita del figlio.
Questi risultati smentiscono l’idea, a lungo dominante, secondo cui solo le donne vivrebbero trasformazioni cerebrali a causa dei cambiamenti ormonali legati a gestazione e parto. L’antropologa evoluzionista Anna Machin, intervenuta ai microfoni della BBC, ha sottolineato come entrambi i genitori siano biologicamente predisposti a sviluppare risposte cerebrali specifiche per affrontare il ruolo di caregiver.
Le aree del cervello maschile che cambiano con l’arrivo di un figlio
Tra i primi studi pionieristici sul tema, uno condotto nel 2014 su un campione di 16 padri – di cui sette alla prima esperienza genitoriale – ha mostrato come il volume della materia grigia aumenti in alcune regioni chiave del cervello, tra cui ipotalamo, amigdala e corteccia prefrontale laterale. Queste zone sono direttamente coinvolte nella regolazione della motivazione genitoriale, nel controllo delle emozioni e nella gestione dei comportamenti di cura verso il neonato.
Parallelamente, i ricercatori hanno rilevato una riduzione della materia grigia in aree quali la corteccia orbitofrontale, la corteccia cingolata posteriore e l’insula, regioni legate all’elaborazione del rischio e al processo decisionale.
Le immagini raccolte tramite risonanza magnetica funzionale (MRI) sono state abbinate all’osservazione diretta delle interazioni tra padri e figli neonati, permettendo di individuare una correlazione tra i cambiamenti cerebrali e il grado di coinvolgimento emotivo e pratico dei padri nelle prime settimane di vita del bambino.
Lo studio del 2023 tra Spagna e California: il cervello paterno si adatta ovunque
Una conferma ancora più solida è giunta da un’indagine condotta nel 2023, che ha coinvolto 40 padri, divisi tra Spagna e California, e un gruppo di controllo di 17 uomini spagnoli privi di figli. Le scansioni cerebrali effettuate prima e dopo la nascita hanno rivelato modifiche strutturali comuni nei cervelli dei futuri padri, indipendentemente dal contesto culturale o geografico.
Le aree cerebrali maggiormente interessate dai cambiamenti risultano essere quelle deputate a attenzione, empatia e elaborazione visiva, abilità fondamentali per interpretare i bisogni di un neonato e rispondere prontamente ai suoi segnali, spesso impercettibili per chi non è genitore.
Nel gruppo di uomini senza figli, invece, non sono state rilevate alterazioni comparabili. Questo suggerisce che i mutamenti cerebrali siano strettamente legati all’esperienza della paternità e non a fattori individuali o casuali.
Neuroplasticità: il cervello si modella per far nascere il padre
Alla base di queste trasformazioni vi è il fenomeno della neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello di riadattarsi e rimodellarsi anche in età adulta in risposta a nuove esperienze. Lo stesso meccanismo che consente, ad esempio, di compensare la perdita di uno dei sensi o di recuperare funzionalità motorie dopo un trauma, entra in gioco quando un uomo diventa padre.
Questa scoperta ha portato i ricercatori a mettere in discussione il concetto di istinto paterno. Secondo quanto affermato da Darby Saxbe, docente di psicologia presso la University of Southern California, e dalla dottoranda Sofia Cardenas, l’attitudine paterna non sarebbe innata, bensì frutto dell’esperienza e del tempo trascorso con il figlio.
Nel 2021, sulle pagine del New York Times, Saxbe e Cardenas hanno ribadito che “i padri si fanno, non nascono”, sottolineando l’importanza di politiche di congedo parentale che permettano agli uomini di trascorrere più tempo con i neonati, favorendo così l’instaurarsi del legame affettivo e la salute mentale dell’intero nucleo familiare.
Quando iniziano i cambiamenti? Durante la gravidanza o dopo il parto?
Un interrogativo ancora aperto riguarda il momento esatto in cui iniziano a manifestarsi i cambiamenti nel cervello del padre. Alcuni studi suggeriscono che le modificazioni funzionali possano insorgere già durante i nove mesi di attesa, mentre altri sostengono che le alterazioni strutturali si consolidino principalmente dopo il parto, in risposta al contatto diretto con il bambino.
Secondo Bottemanne e Joly, sarà cruciale condurre ulteriori studi longitudinali, che monitorino l’evoluzione del cervello paterno prima del concepimento, durante la gestazione e nei mesi successivi alla nascita, per chiarire l’interazione tra fattori biologici, ambientali e relazionali.
La scienza della paternità: una nuova frontiera della ricerca
Negli ultimi anni, il crescente interesse verso la salute mentale paterna e il ruolo del padre nello sviluppo infantile sta spingendo neuroscienziati e psicologi a esplorare nuovi territori. Le evidenze raccolte finora dimostrano che diventare padre non è solo una questione culturale o sociale, ma rappresenta un processo biologico e cerebrale complesso, capace di ridefinire l’identità maschile e il rapporto tra uomo e figli.
Gli studi sul cervello paterno stanno così contribuendo a scardinare stereotipi radicati e a promuovere una visione più equilibrata e paritaria della genitorialità, riconoscendo che l’essere padre comporta non solo un cambiamento emotivo, ma anche una metamorfosi fisica e cerebrale.
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