Negli anni della presidenza di Donald Trump, la comunità scientifica ha vissuto una fase di forte preoccupazione per il rischio di perdita di dati climatici essenziali. Il timore principale riguarda la possibilità che informazioni cruciali sui livelli di CO₂ nell’atmosfera, sulle temperature globali e su altri indicatori chiave del cambiamento climatico possano diventare inaccessibili o, nel peggiore dei casi, essere cancellati.
Un episodio emblematico di questa situazione è stato il momentaneo blocco dell’accesso ad alcuni dataset fondamentali, che ha fatto scattare l’allarme tra gli scienziati. Questo evento è stato interpretato come una conseguenza diretta della strategia dell’amministrazione Trump, che ha avviato un processo di ristrutturazione delle agenzie federali con l’obiettivo di ridurre il peso della ricerca scientifica nelle decisioni politiche.
La rimozione dei riferimenti al cambiamento climatico dai siti governativi
Uno dei segnali più evidenti di questo atteggiamento ostile alla scienza è stata la sistematica eliminazione di riferimenti al cambiamento climatico dai siti web delle principali istituzioni governative, tra cui l’EPA (Environmental Protection Agency) e la NASA. Questa operazione ha reso più difficile per il pubblico e per i ricercatori accedere a informazioni aggiornate e ha sollevato il timore che dati essenziali potessero essere rimossi definitivamente.
Di fronte a questa situazione, molti scienziati hanno avviato iniziative per salvaguardare i database esistenti, copiando e archiviando enormi quantità di dati climatici su server indipendenti. Progetti come DataRefuge e Climate Mirror sono nati proprio con l’obiettivo di proteggere queste informazioni dall’oscuramento o dalla cancellazione.
Il rischio di un danno irreversibile alla ricerca sul clima
Le politiche adottate dall’amministrazione Trump non solo hanno limitato l’accesso ai dati climatici, ma hanno anche avuto un impatto negativo sui finanziamenti destinati alla ricerca ambientale. Tagli ai budget delle agenzie federali e ridimensionamento dei programmi di monitoraggio hanno reso più difficile per gli scienziati raccogliere e analizzare nuovi dati, compromettendo gli sforzi per comprendere e contrastare il cambiamento climatico.
Questa situazione ha creato una frattura tra il governo e la comunità scientifica, con numerosi esperti che hanno denunciato un clima di censura e ostilità nei confronti della scienza del clima. Il timore è che la perdita o la manipolazione dei dati possa avere conseguenze a lungo termine, rendendo più difficile la lotta contro il riscaldamento globale.