Una ricerca globale ha identificato 603 specie di animali selvatici, oltre a cinque taxa di bestiame, che non si limitano a popolare il pianeta, ma ne modificano attivamente il paesaggio. Questi “ingegneri naturali” ridefiniscono gli ecosistemi con la loro attività, dalle termite e le loro strutture torreggianti ai castori che alterano il flusso dei corsi d’acqua.
Lo studio è stato pubblicato nella stessa settimana di un’altra ricerca dedicata all’impatto di questi “architetti” negli abissi oceanici, dove creature scavanti, come i cetrioli di mare, spostano i sedimenti creando una rete intricata di tunnel sottomarini.
Piccoli animali, grandi trasformazioni
Anche gli esseri viventi di dimensioni ridotte sono in grado di compiere imprese ingegneristiche sorprendenti. Un esempio straordinario è un pesce palla, che per il corteggiamento scava nella sabbia un nido di dimensioni 16 volte superiori al proprio corpo. Al contrario, il bestiame domestico ha un effetto negativo sul suolo, comprimendolo e favorendo la perdita di vegetazione, con un impatto sulle emissioni di gas serra.
Le alterazioni prodotte da questi animali sulla superficie terrestre sono definite “contributi geomorfici”. Questa recente indagine ha rivelato che la quantità di energia coinvolta in questi processi è comparabile all’effetto di centinaia di migliaia di inondazioni.
Una biodiversità a rischio
L’ampio spettro di specie coinvolte in questa ingegneria ambientale spazia dagli insetti ai mammiferi, passando per rettili, pesci e uccelli. Complessivamente, il loro impatto energetico è stato quantificato in 76.000 gigajoule all’anno, ma il loro futuro è incerto.
Circa un terzo degli “architetti animali” identificati è classificato come raro, endemico o minacciato, il che potrebbe compromettere drasticamente i loro effetti geomorfici. Il Professor Gemma Harvey ha sottolineato l’importanza di proteggere queste specie per preservare i paesaggi modellati dalla loro attività. Dai castori, che creano zone umide, alle formiche, che costruiscono colline di terra, il loro contributo è essenziale per la stabilità degli ecosistemi.
L’ingegneria nascosta degli abissi marini
Mentre sulla terraferma alcune strutture realizzate dagli animali sono visibili persino dallo spazio, come i tumuli di termiti in Brasile, negli oceani le loro tracce sono più difficili da individuare. Un’analisi condotta nelle profondità marine ha rivelato un’intensa attività di scavo, grazie a tecniche avanzate come la scansione micro-CT.
Tra i protagonisti di questa trasformazione troviamo cetrioli di mare, vermi policheti, bivalvi, isopodi e gasteropodi, che rimescolano costantemente i sedimenti. Un solo cetriolo di mare può elaborare una quantità di materiale organico pari a cinque volte il volume della Torre Eiffel per barriera corallina all’anno. Questo processo, noto come bioturbazione, favorisce il ciclo dei nutrienti e la sopravvivenza di numerose specie microbiche.
La ricerca ha raccolto prove dell’attività di questi ingegneri naturali attraverso campioni prelevati dalla Fossa del Giappone, situata nella remota Zona Hadal del Pacifico. Sebbene a lungo ritenuta un’area priva di vita, questa regione si è rivelata un ecosistema dinamico e vitale, capace di autorigenerarsi grazie all’azione costante degli organismi scavatori.
Minacce e implicazioni future
Le scoperte hanno implicazioni significative per la conservazione di questi ecosistemi sommersi, soprattutto in un momento in cui l’estrazione mineraria in acque profonde viene considerata una soluzione per l’approvvigionamento di metalli per batterie. Tuttavia, questa pratica potrebbe mettere a rischio la fragile rete di specie sottomarine che contribuiscono all’equilibrio ambientale.
L’importanza di proteggere questi architetti naturali non è solo una questione di biodiversità, ma una necessità per la salvaguardia degli habitat e del loro funzionamento.