Due enormi canyon sulla Luna si sono formati in meno di dieci minuti, secondo un recente studio che potrebbe influenzare le future missioni Artemis della NASA. L’analisi si concentra sul Bacino d’Impatto Schrödinger, un gigantesco cratere situato sul lato nascosto del nostro satellite naturale.
Il bacino Schrödinger: una finestra sulla storia geologica lunare
Il Bacino Schrödinger, che prende il nome dal celebre fisico quantistico Erwin Schrödinger, si trova all’interno del Polo Sud-Aitken, il più grande bacino da impatto della Luna. Grazie al suo eccellente stato di conservazione, rappresenta un sito di grande interesse per gli scienziati planetari che vogliono comprendere meglio i processi che plasmano le superfici dei corpi celesti.
Nel nuovo studio, gli scienziati David Kring, Danielle Kallenborn e Gareth Collins hanno cercato di spiegare la formazione di due giganteschi canyon situati nelle vicinanze: Vallis Schrödinger e Vallis Planck.
Canyon lunari paragonabili al Grand Canyon terrestre
Le dimensioni di questi canyon lunari sono impressionanti. Vallis Schrödinger si estende per 270 chilometri di lunghezza e raggiunge una profondità di 2,7 chilometri, mentre Vallis Planck è ancora più imponente, con 280 chilometri di lunghezza e una profondità che arriva a 3,5 chilometri. Per avere un termine di paragone, questi valori sono simili a quelli del Grand Canyon in Arizona, uno dei più celebri canyon terrestri. Tuttavia, la loro origine è radicalmente diversa.
Mentre il Grand Canyon si è formato nel corso di milioni di anni attraverso l’erosione fluviale, i due canyon lunari si sono creati in un tempo incredibilmente breve. Secondo lo studio, la loro formazione è avvenuta in meno di dieci minuti, a seguito dell’enorme impatto che ha dato origine al Bacino Schrödinger.
Un impatto devastante: velocità e potenza distruttiva
Gli scienziati hanno analizzato immagini dettagliate del lato nascosto della Luna, creando mappe che hanno permesso di calcolare la traiettoria dei detriti espulsi durante l’impatto. Grazie a queste ricostruzioni, è stato possibile comprendere meglio il processo che ha portato alla formazione dei canyon.
I detriti generati dall’impatto si sono mossi a velocità comprese tra 0,95 chilometri al secondo e 1,28 chilometri al secondo, erodendo rapidamente la superficie lunare e scavando i profondi solchi oggi visibili. Il tempo necessario affinché ciò avvenisse è stato paragonato dagli scienziati alla durata necessaria per riscaldare una lasagna surgelata nel microonde: un’immagine efficace per descrivere la rapidità del fenomeno.
Energia superiore a centinaia di bombe nucleari
L’energia liberata da questo evento è stata colossale. Secondo i calcoli del team di ricerca, l’impatto che ha creato i canyon ha sprigionato un’energia tra 1200 e 2200 volte superiore a quella della bomba nucleare che si progettava di utilizzare per scavare un secondo Canale di Panama.
Per comprendere meglio l’entità di questa forza, basti pensare che è stata più di 700 volte superiore alla somma di tutte le esplosioni nucleari di test effettuate da Stati Uniti, Unione Sovietica e Cina. Inoltre, è stata circa 130 volte più potente dell’intero arsenale nucleare globale attuale.
Implicazioni per le missioni Artemis della NASA
Le scoperte dello studio potrebbero avere un impatto significativo sulle future missioni Artemis, che puntano a portare nuovamente astronauti sulla Luna e, in particolare, nella regione del Polo Sud.
Secondo gli autori, la distribuzione asimmetrica dei detriti generati dall’impatto di Schrödinger potrebbe semplificare il lavoro delle missioni scientifiche. I detriti risultano meno concentrati nei possibili siti di atterraggio, facilitando così l’accesso ai campioni geologici più antichi e profondi del Bacino del Polo Sud-Aitken.
L’analisi di questi campioni potrebbe fornire risposte fondamentali su molte teorie relative alla formazione della Luna e alla storia del Sistema Solare.
Testare la teoria del cataclisma lunare
Uno degli obiettivi principali delle missioni Artemis potrebbe essere proprio la verifica dell’ipotesi del cataclisma da impatto lunare, secondo cui la Luna sarebbe stata colpita da un’ondata di asteroidi circa 3,8 miliardi di anni fa.
Esaminando i crateri che hanno perforato la superficie del Bacino del Polo Sud-Aitken, gli scienziati potrebbero individuare strati di crosta primordiale, fornendo così nuove prove a supporto di questa teoria.
Nuove prospettive sulla formazione della Luna e della Terra
Infine, lo studio sottolinea che i campioni raccolti potrebbero offrire importanti indizi su altre due ipotesi fondamentali per la comprensione dell’evoluzione planetaria:
- L’oceano di magma lunare, che avrebbe caratterizzato le prime fasi di sviluppo della Luna, influenzandone la stratificazione geologica.
- L’impatto gigante, la teoria secondo cui la Luna si sarebbe formata a seguito della collisione tra la Terra primordiale e un corpo celeste delle dimensioni di Marte, noto come Theia.
Grazie alla relativa assenza di detriti nei punti di atterraggio delle missioni Artemis, gli scienziati avranno maggiori possibilità di accedere a questi materiali preziosi, fornendo dati cruciali per testare queste ipotesi.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Communications, segna un passo avanti fondamentale nella nostra comprensione della storia della Luna e delle forze che hanno modellato la sua superficie.