Documenti nascosti tra le montagne dei Carpazi svelano il legame tra gelo, siccità e peste nell’Europa del XVI secolo
Nelle valli e sulle colline della Transilvania, cuore dell’attuale Romania, tra la metà del XVI secolo e l’inizio del XVII, il clima esercitava un controllo spietato sulla vita quotidiana delle persone. Tra inverni rigidi, estati roventi e fiumi trasformati in ghiaccio, le cronache e i diari conservati nei monasteri della regione rivelano oggi le sofferenze di una società travolta dagli eventi atmosferici estremi.
Un gruppo di studiosi rumeni ha recentemente riesaminato queste fonti scritte, restituendo uno spaccato vivido su come il clima della cosiddetta Piccola Era Glaciale abbia alterato il destino delle popolazioni dei Carpazi e delle pianure circostanti, influenzando anche l’intero assetto economico e sociale dell’epoca.
La forza dei ghiacci e delle siccità nelle cronache dei monaci transilvani
Attraverso la lettura di cronache manoscritte, resoconti di viaggio, registri parrocchiali e annotazioni mercantili, i ricercatori hanno individuato dettagliate osservazioni sulle condizioni meteorologiche estreme. Nei documenti vergati tra le mura di abbazie sperdute tra i monti della Transilvania, si trovano riferimenti precisi a gelate precoci, innevamenti persistenti e siccità devastanti che resero impraticabili i campi coltivati e prosciugarono i raccolti.
Vengono descritti inverni così gelidi che il fiume Mureș e il fiume Olt si trasformavano in lastre di ghiaccio, obbligando contadini e commercianti a interrompere ogni scambio. Le estati, all’opposto, erano spesso segnate da ondate di calore estenuanti e lunghi periodi di assenza di pioggia, che colpivano in particolare le vigne e le coltivazioni di cereali, pilastri dell’agricoltura della regione.
Tra il 1527 e il 1544: il flagello della siccità e la fame nelle campagne della Transilvania
Uno dei periodi più drammatici, emerso dai diari analizzati, si colloca tra il 1527 e il 1544, anni in cui la siccità sconvolse le campagne intorno alle attuali città di Sibiu, Brașov e Cluj-Napoca. I testi raccontano di raccolti bruciati dal sole, villaggi affamati e mercati dove il prezzo del grano e della segale raggiunse livelli insostenibili. In quelle stagioni di arsura, molti contadini furono costretti ad abbandonare le loro terre per cercare rifugio in aree più fertili lungo il Danubio o nei pressi delle foreste dei Monti Apuseni.
Il 1590: piogge incessanti e fiumi in piena travolgono città e villaggi
Nel decennio conclusivo del secolo, il quadro si ribaltò. Tra il 1588 e il 1591, in particolare nell’anno 1590, le cronache riportano piogge torrenziali che gonfiarono i corsi d’acqua e devastarono interi insediamenti, con il fiume Someș che uscì ripetutamente dagli argini allagando mercati e campi. I documenti parlano di case spazzate via e ponti crollati, mentre le epidemie di dissenteria e tifo si diffusero rapidamente tra gli abitanti di Târgu Mureș e Alba Iulia.
La Piccola Era Glaciale: temperature sotto zero e l’inverno della fame
La lettura dei testi monastici si inserisce nel più ampio contesto della Piccola Era Glaciale, una fase di raffreddamento globale che colpì l’Europa dal XIV secolo fino agli inizi del XIX. Secondo le annotazioni custodite nei monasteri di Bistrița e Sighișoara, dopo il 1560 le temperature nella regione della Transilvania scesero di circa 0,5 gradi Celsius rispetto al periodo precedente, provocando inverni più lunghi e primavere ritardate, con semine tardive e raccolti scarsi.
Gli effetti furono devastanti. Le carestie diventarono cicliche e le epidemie, in particolare la peste, falciarono la popolazione, riducendo il numero degli abitanti in alcune aree fino al 30%. Nei testi dell’epoca si fa spesso riferimento a intere famiglie morte di inedia nelle campagne tra Mediaș e Orăștie.
Sopravvivere al freddo: l’ingegno delle comunità transilvane
La grande forza dei diari transilvani risiede nel fatto che non si limitano a documentare i disastri climatici, ma raccontano anche le strategie di sopravvivenza adottate dalle comunità locali. Per resistere alle inondazioni, i contadini iniziarono a costruire argini in terra lungo il fiume Târnava. I pastori trasferirono le greggi verso i pascoli più elevati dei Monti Făgăraș per sfuggire alle zone paludose infestate dalle zanzare portatrici di malattie. Furono realizzate cisterne sotterranee per raccogliere l’acqua piovana e garantire scorte idriche durante i mesi aridi.
Alcuni villaggi si spostarono più in alto sulle colline, per evitare le alluvioni. Nei centri mercantili come Brașov, le famiglie abbienti iniziarono a commerciare legname e lana con l’Ungheria e la Polonia, diversificando così le fonti di reddito per sopperire alla crisi agricola.
Cosa ci insegnano oggi le cronache transilvane sui cambiamenti climatici
Lo studio delle fonti storiche provenienti dalle regioni della Transilvania dimostra come le società del passato fossero vulnerabili alle variazioni climatiche, ma anche capaci di adattarsi. La cronaca del clima registrata nei manoscritti del XVI secolo offre oggi uno strumento prezioso per comprendere le reazioni umane di fronte agli eventi meteorologici estremi, che, proprio come allora, continuano a modellare l’ambiente e il destino delle comunità nel presente.
L’analisi di quegli archivi medievali e delle cronache dei viaggiatori non rivela solo la fragilità delle economie preindustriali, ma suggerisce che la nostra capacità di adattarci al cambiamento climatico sarà, come allora, decisiva per affrontare le sfide di questo secolo.