Nel vasto universo, oggetti apparentemente opposti come le stelle neonate e i buchi neri supermassicci condividono un elemento sorprendente: entrambi emettono getti astrofisici ad altissima velocità dai loro poli. Ora, una nuova scoperta scientifica suggerisce che il meccanismo che genera questi getti possa essere lo stesso, indipendentemente dalla loro origine.
Il mistero dei getti cosmici e il ruolo dei campi magnetici
Le protostelle, ovvero le stelle in fase di formazione, sono ancora troppo giovani per innescare la fusione nucleare dell’idrogeno in elio, il processo che caratterizza le stelle mature. I buchi neri supermassicci, invece, possiedono masse immense, pari a milioni o miliardi di Soli, concentrate in un volume relativamente piccolo.
Nonostante queste differenze, entrambi questi oggetti emettono getti di plasma a velocità estreme. Come si generano questi flussi di materia? La risposta potrebbe trovarsi nei campi magnetici elicoidali, strutture a spirale che guidano il movimento del gas nello spazio.
Un team di astronomi ha individuato per la prima volta un campo magnetico a spirale in un getto protostellare, dimostrando che il meccanismo che genera questi getti potrebbe essere universale e valido sia per le protostelle che per i buchi neri supermassicci.
La scoperta nel getto protostellare HH 80-81
Gli scienziati hanno rilevato un campo magnetico elicoidale all’interno del getto HH 80-81, il più veloce mai osservato. Questo getto proviene da una giovane stella situata all’interno della nube molecolare IRAS 18162-204, distante circa 5.540 anni luce dalla Terra.
La configurazione magnetica di HH 80-81 è risultata identica a quella osservata nei getti emessi dai buchi neri supermassicci, suggerendo che le forze in gioco siano le stesse in entrambi i contesti.
“Questa è la prima prova diretta che i campi magnetici a spirale possono spiegare i getti astrofisici su scale diverse, confermando l’universalità del meccanismo di collimazione”, ha dichiarato Adriana Rodríguez-Kamenetzky, ricercatrice dell’Istituto di Astronomia Teorica e Sperimentale (IATE).
Questa scoperta dimostra che i campi magnetici elicoidali svolgono un ruolo cruciale nel modellare e accelerare i getti di materia, indipendentemente dalle dimensioni e dalla natura dell’oggetto che li genera.
Tecnologie avanzate per svelare la struttura dei campi magnetici
Individuare i campi magnetici nei getti delle protostelle non è stato semplice. La luce emessa da questi oggetti è prevalentemente termica, il che rende difficile rilevare le strutture magnetiche.
Nel 2010, gli scienziati avevano già individuato la presenza di campi magnetici nei getti protostellari utilizzando il Very Large Array (VLA), uno dei più potenti radiotelescopi al mondo, situato nel Nuovo Messico. Tuttavia, non era ancora possibile determinare la struttura tridimensionale di questi campi.
“Abbiamo rilevato emissioni non termiche e la presenza di un campo magnetico, ma senza una visione 3D della sua configurazione”, ha spiegato Carlos Carrasco-González, ricercatore presso l’Istituto di Radioastronomia e Astrofisica (IRyA).
Grazie agli aggiornamenti tecnologici del VLA, il team è stato in grado di effettuare un’analisi avanzata della Misura di Rotazione (RM), una tecnica che corregge la distorsione della polarizzazione della luce mentre attraversa il plasma magnetizzato.
Questo effetto, noto come rotazione di Faraday, altera la percezione della reale direzione del campo magnetico. Correggendo questa distorsione, gli scienziati sono finalmente riusciti a mappare la struttura tridimensionale del campo magnetico nel getto HH 80-81.
Il primo studio 3D di un campo magnetico in un getto protostellare
Per la prima volta, gli astronomi hanno ottenuto una mappatura tridimensionale del campo magnetico in un getto protostellare, confermando che questi campi magnetici contorti non sono un fenomeno isolato, ma una caratteristica fondamentale dei getti astrofisici.
“Questa è la prima volta che riusciamo a studiare in 3D la struttura del campo magnetico in un getto protostellare”, ha commentato Alice Pasetto, scienziata dell’IRyA e membro del team di ricerca.
L’analisi ha rivelato che il campo magnetico di HH 80-81 segue un modello a spirale, proprio come i getti dei buchi neri supermassicci, confermando che i campi magnetici elicoidali sono il motore universale dietro questi fenomeni.
Questa scoperta, pubblicata il 7 gennaio su Astrophysical Journal Letters, segna un passo cruciale nella comprensione di come i campi magnetici plasmino l’universo, influenzando la formazione delle stelle e l’evoluzione dei buchi neri.