L’aumento vertiginoso dei prezzi in Croazia ha innescato una protesta senza precedenti: un boicottaggio dei supermercati che ha rapidamente guadagnato consensi in tutto il Paese e oltre i confini. L’iniziativa, sostenuta da associazioni e consumatori, ha messo in difficoltà le grandi catene di distribuzione e spinto il governo a introdurre nuove misure per contrastare il caro-vita.
La nascita del boicottaggio
Il 24 gennaio 2025, i cittadini croati hanno deciso di reagire all’aumento incontrollato del costo della vita con un gesto simbolico ma efficace: non fare acquisti per un giorno intero. A promuovere l’iniziativa è stata l’associazione per i diritti dei consumatori “Halo, Inspektore”, che ha lanciato l’appello attraverso i social media.
L’aumento dei prezzi aveva ormai raggiunto livelli insostenibili: negli ultimi tre anni, il costo medio dei generi alimentari è cresciuto del 34%, con alcuni prodotti che hanno addirittura raddoppiato il loro prezzo. Questa situazione ha messo in ginocchio molte famiglie, soprattutto quelle con redditi più bassi, che hanno visto ridursi drasticamente il loro potere d’acquisto.
Grazie alla diffusione virale sui social, il boicottaggio si è trasformato in un vero e proprio movimento di massa, con migliaia di cittadini pronti a partecipare.
L’impatto della protesta
I dati raccolti il 24 gennaio parlano di una mobilitazione senza precedenti. Quel giorno, il numero di scontrini emessi è crollato del 43%, mentre la spesa complessiva nei supermercati ha registrato un calo del 53% rispetto alla settimana precedente.
Le immagini di supermercati vuoti, con scaffali pieni e casse deserte, hanno fatto rapidamente il giro del web, alimentando il dibattito pubblico sul caro-vita. La protesta ha dimostrato che i consumatori, quando si uniscono, possono avere un impatto significativo sulle dinamiche di mercato.
Il boicottaggio ha ricevuto il sostegno di sindacati, associazioni dei consumatori e persino del Ministro dell’Economia Marko Primorac, che ha dichiarato pubblicamente di aver aderito all’iniziativa. Questa pressione ha spinto il governo a prendere provvedimenti urgenti per contrastare l’inflazione e calmierare i prezzi.
L’effetto domino nei Balcani
L’eco della protesta croata ha superato rapidamente i confini nazionali, ispirando azioni simili in diversi Paesi dei Balcani, dove il problema del caro-vita è altrettanto sentito.
Il 31 gennaio, anche in Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Slovenia, i cittadini hanno scelto di boicottare i supermercati, ottenendo risultati significativi. In Montenegro, le principali catene di distribuzione hanno registrato un calo degli incassi del 56,1%, mentre in Serbia e Bosnia il numero di clienti nei negozi è diminuito in modo drastico.
In Romania, il politico Calin Georgescu ha invitato i cittadini a partecipare a una protesta simile, fissata per il 10 febbraio, con l’obiettivo di esercitare pressione sulle autorità e sulle catene di supermercati.
I social media hanno giocato un ruolo determinante nella diffusione del movimento, amplificando il messaggio e coinvolgendo un numero sempre maggiore di persone.
La risposta delle autorità e delle aziende
Di fronte alla protesta, il governo croato ha reagito rapidamente, annunciando un nuovo pacchetto di controlli sui prezzi. Circa 70 prodotti essenziali, tra cui pane, farina e pasta, sono stati sottoposti a limitazioni di prezzo per contenere l’impatto dell’inflazione. Queste misure si aggiungono a quelle già introdotte nel 2023, che riguardavano latte, olio, yogurt e carne di maiale.
Nel frattempo, le catene di supermercati hanno cercato di arginare le perdite con offerte speciali e sconti su diversi prodotti di largo consumo. Tuttavia, per molti consumatori, queste iniziative non sono state sufficienti. La protesta ha lanciato un messaggio chiaro: senza un abbassamento concreto dei prezzi, i boicottaggi potrebbero continuare.