Ariel e le sue crepe: nuove scoperte sulla luna di Urano
L’affascinante luna di Urano, Ariel, continua a sorprendere gli scienziati con i suoi misteri geologici. Recenti studi hanno rivelato la presenza di ghiaccio di anidride carbonica e monossido di carbonio sulla sua superficie, sollevando interrogativi sulla loro origine. Grazie a una ricerca guidata dalla Johns Hopkins University, è emersa una possibile spiegazione legata alle profonde crepe che attraversano la crosta del satellite.
Un ghiaccio che non dovrebbe esserci
Le osservazioni condotte dal telescopio spaziale James Webb hanno evidenziato la presenza di grandi quantità di ghiaccio di anidride carbonica mescolato a quantità minori di ghiaccio di monossido di carbonio. Tuttavia, queste molecole sono instabili alle temperature della superficie di Ariel, che si aggirano attorno ai -170°C. In teoria, dovrebbero sublimare rapidamente e disperdersi nello spazio, ma i dati raccolti mostrano il contrario: i depositi ghiacciati sono ancora lì.
Questo fenomeno suggerisce che una fonte interna debba continuamente rifornire la superficie di Ariel con queste sostanze. Dopo aver escluso cause esterne, i ricercatori ipotizzano che le molecole possano provenire da un oceano sotterraneo di acqua liquida situato nelle profondità della luna.
Le crepe di Ariel: finestre sull’interno della luna?
Uno degli elementi chiave di questa scoperta sono i cosiddetti solchi mediali, profonde spaccature che attraversano i canyon di Ariel, noti come Chasma. Queste strutture geologiche, tra le più giovani della luna, potrebbero essere il canale attraverso cui le sostanze volatili emergono dalla crosta interna fino alla superficie.
Secondo lo studio pubblicato su Planetary Science Journal, queste fessure assomigliano a tre tipologie di formazioni geologiche terrestri:
- Fessure vulcaniche, da cui fuoriesce magma
- Tunnel di lava, formati dal raffreddamento della lava scorrente
- Centri di espansione dei fondali oceanici, dove il materiale risale dal mantello per formare nuova crosta
Dopo un’analisi dettagliata delle immagini ottenute dalla sonda Voyager 2, gli scienziati hanno concluso che i solchi mediali di Ariel sono probabilmente centri di espansione, simili a quelli presenti nei fondali oceanici terrestri.
L’energia delle maree e la fratturazione della superficie
Il meccanismo che alimenta questa attività geologica potrebbe essere legato alle forze mareali generate dalle interazioni gravitazionali tra Ariel e le altre lune di Urano. Queste forze potrebbero aver causato ripetuti cicli di riscaldamento e raffreddamento, portando alla fratturazione della crosta e all’emissione di materiali volatili.
Alcuni scienziati ipotizzano che queste stesse forze possano anche mantenere un oceano sotterraneo liquido, ma al momento non ci sono prove definitive per confermare questa teoria. Tuttavia, la connessione tra i solchi mediali e un possibile serbatoio interno di acqua liquida resta un’ipotesi affascinante.
Il futuro dell’esplorazione di Ariel
Per verificare queste ipotesi, gli esperti sottolineano la necessità di una missione dedicata al sistema di Urano. Un orbiter potrebbe fornire immagini dettagliate dei solchi mediali, analizzare la loro composizione chimica e determinare se effettivamente fungano da canali di scambio tra l’interno e l’esterno della luna.
«Abbiamo bisogno di un orbiter che possa sorvolare da vicino Ariel, mappare le sue crepe e analizzare la presenza di molecole come l’anidride carbonica e il monossido di carbonio», afferma Richard Cartwright, co-autore dello studio. Se le molecole di carbonio fossero concentrate lungo queste strutture, si rafforzerebbe l’idea che esse siano vere e proprie finestre sul cuore nascosto di Ariel.