L’Alzheimer potrebbe avere radici nell’intestino, secondo un recente studio che ha utilizzato i raggi X emessi dal potente sincrotrone del centro europeo Esrf a Grenoble, in Francia. Questa ricerca ha rivelato come uno squilibrio nei batteri intestinali possa favorire la produzione di sostanze tossiche, capaci di oltrepassare la barriera emato-encefalica, causando infiammazione e favorendo lo sviluppo della malattia neurodegenerativa.
La scoperta italiana pubblicata su Science Advances
Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, è stato condotto sotto la guida dell’Italia, con il contributo di Alessia Cedola, dell’Istituto di Nanotecnologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma, e di Claudia Balducci, dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano.
Secondo i ricercatori, questi risultati potrebbero rappresentare un passo decisivo verso una diagnosi precoce dell’Alzheimer e l’identificazione di nuovi bersagli terapeutici.
Il legame tra intestino e cervello: il ruolo del microbiota
Negli ultimi anni, numerosi studi hanno dimostrato che tra intestino e cervello esiste una comunicazione diretta, mediata da neuroni e da un ecosistema microbico noto come microbiota intestinale. Questo insieme di batteri, virus e funghi presenti nell’intestino svolge un ruolo fondamentale nella regolazione di molte funzioni dell’organismo, inclusa la salute cerebrale.
Secondo Alessia Cedola, l’ipotesi principale è che un’alterazione del microbiota possa facilitare la proliferazione di batteri patogeni, i quali riescono a penetrare nel circolo sanguigno, raggiungere il cervello e innescare una risposta infiammatoria che contribuisce alla progressione dell’Alzheimer. Tuttavia, le prove a sostegno di questa teoria non erano ancora sufficienti.
L’uso rivoluzionario della tomografia a raggi X
Per indagare più a fondo il fenomeno, i ricercatori hanno utilizzato una sofisticata tomografia a raggi X, in grado di fornire immagini tridimensionali estremamente dettagliate delle strutture biologiche.
Questa tecnologia innovativa ha permesso di osservare con precisione senza precedenti le modifiche che avvengono nell’intestino, rivelando come i cambiamenti nel microbiota possano influenzare direttamente la salute del sistema nervoso centrale.
“La tomografia a raggi X rappresenta una svolta significativa per lo studio dell’intestino – afferma Cedola – e potrebbe diventare uno strumento essenziale per la diagnosi precoce e la valutazione della progressione dell’Alzheimer“.
Implicazioni per la ricerca e le terapie future
I risultati di questa ricerca aprono nuove prospettive per la comprensione della neurodegenerazione e suggeriscono che l’equilibrio del microbiota intestinale potrebbe essere un fattore chiave nella prevenzione e nel trattamento della malattia.
Gli scienziati ritengono che approfondire il legame tra intestino e cervello potrebbe portare allo sviluppo di nuovi approcci terapeutici, basati sulla modulazione del microbiota, sull’uso di probiotici specifici o su interventi mirati per rinforzare la barriera emato-encefalica.