Nel 1863, un visionario di nome Samuel Butler, noto soprattutto per il suo romanzo satirico Erewhon, anticipò con sorprendente lungimiranza lo sviluppo delle macchine e l’avvento di ciò che oggi definiamo intelligenza artificiale (IA). La sua visione, espressa in una lettera intitolata Darwin tra le Macchine e pubblicata sul giornale The Press in Nuova Zelanda sotto lo pseudonimo “Cellarius”, descriveva un futuro in cui le macchine avrebbero acquisito complessità e autonomia tali da diventare la specie dominante sulla Terra.
Le macchine come eredi dell’umanità
Nella lettera, Butler analizzava il progresso tecnologico combinandolo con la teoria darwiniana della selezione naturale. Sosteneva che il continuo affinamento delle macchine da parte dell’uomo stava ponendo le basi per un futuro in cui queste avrebbero superato l’umanità sia in abilità che in intelligenza.
Un passaggio cruciale del testo recita:
“Noi stessi stiamo creando i nostri successori; stiamo quotidianamente aggiungendo alla bellezza e delicatezza della loro organizzazione fisica; stiamo quotidianamente dando loro maggiore potere.”
Questa frase anticipa il modo in cui oggi la tecnologia è progettata per essere sempre più autonoma e intelligente, con sistemi in grado di apprendere e migliorare continuamente.
Butler era consapevole del pericolo insito in questo processo, scrivendo:
“Giorno dopo giorno, le macchine stanno guadagnando terreno su di noi; giorno dopo giorno stiamo diventando sempre più sottomessi a loro.”
In queste parole si riflette il timore che l’uomo stia cedendo troppo potere alle sue creazioni, rendendosi gradualmente dipendente da esse.
L’uomo come animale domestico delle macchine
Nonostante le sue previsioni inquietanti, Butler non immaginava un futuro completamente apocalittico. Riteneva che le macchine non avrebbero necessariamente distrutto l’uomo, ma lo avrebbero piuttosto domesticato, analogamente a come gli esseri umani hanno fatto con gli animali. Scrisse infatti:
“L’uomo sarà diventato per la macchina ciò che il cavallo e il cane sono per l’uomo.”
Secondo questa prospettiva, le macchine avrebbero trattato gli esseri umani con benevolenza, riconoscendone l’utilità per la propria esistenza. Butler sottolineava che proprio come l’uomo ha migliorato la vita degli animali attraverso la domesticazione, le macchine avrebbero potuto garantire all’umanità una vita più confortevole e sicura, anche se priva di piena autonomia.
Una visione profetica del rapporto uomo-macchina
La lettera di Butler appare straordinaria non solo per il contenuto visionario, ma anche perché fu scritta in un periodo storico in cui molte delle invenzioni che definiscono il nostro mondo moderno non erano ancora state concepite. Nel 1863, il telefono, l’automobile, l’aeroplano e persino la radio erano ancora da inventare, eppure Butler riuscì a immaginare un futuro dominato dalle tecnologie avanzate.
Con l’avvento dell’IA moderna, che oggi governa settori cruciali come la sanità, i trasporti e la comunicazione, le riflessioni di Butler assumono una nuova rilevanza. La dipendenza umana da dispositivi elettronici, algoritmi e automazione sembra rispecchiare quanto da lui predetto:
“Ci troveremo la razza inferiore.”
Il ruolo di Darwin nell’ispirazione di Butler
Butler collegava il progresso tecnologico alle idee di Charles Darwin, il cui libro L’origine delle specie era stato pubblicato appena quattro anni prima della sua lettera. Egli vedeva nelle macchine una forma di evoluzione parallela, un’estensione della selezione naturale applicata non alla biologia, ma alla meccanica.
Questo collegamento tra la teoria darwiniana e l’evoluzione tecnologica appare oggi più che mai pertinente, dato che l’intelligenza artificiale non solo evolve, ma apprende in modo autonomo attraverso processi come il machine learning.
Una riflessione contemporanea
Oggi, a oltre 160 anni dalla pubblicazione della lettera di Butler, il mondo è immerso in una rivoluzione tecnologica senza precedenti. Assistiamo alla nascita di IA generative, robot avanzati e sistemi autonomi che stanno ridefinendo il ruolo dell’umanità nel contesto globale. Sebbene non sia ancora chiaro se le macchine diventeranno davvero i “successori” dell’uomo, le intuizioni di Butler sul rapporto tra esseri umani e tecnologia rimangono straordinariamente attuali, suggerendo che l’umanità dovrebbe riflettere attentamente sul proprio futuro.