Un team di ricercatori ha finalmente ricostruito il meccanismo alla base della rigidità muscolare nella malattia di Parkinson, uno dei sintomi più invalidanti insieme al tremore e alla bradicinesia (movimenti rallentati). Alla base di questa condizione ci sarebbe un circuito nervoso finora sconosciuto, che collega il tronco encefalico e il cervelletto con il midollo spinale. La scoperta, che potrebbe aprire la strada a nuove terapie, è stata pubblicata sulla rivista Movement Disorders e vede il contributo di un team internazionale coordinato dall’Università Sapienza di Roma, in collaborazione con l’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Pozzilli (Isernia).
Levodopa: il farmaco ‘miracoloso’ e il mistero della sua efficacia
Attualmente, il trattamento più efficace per gestire la rigidità muscolare nel Parkinson è la levodopa, un farmaco considerato rivoluzionario. Tuttavia, fino ad oggi non erano stati condotti studi dettagliati per comprendere i meccanismi alla base della sua efficacia nel ridurre la rigidità. Per colmare questa lacuna, il team di ricerca, guidato da Antonio Suppa, ha adottato un approccio innovativo, combinando strumentazioni robotiche con analisi non invasive effettuate direttamente sui pazienti.
Gli studiosi hanno osservato gli effetti della levodopa sia nell’immediato, tra 1 e 2 ore dopo l’assunzione, sia a lungo termine, ossia dopo almeno 12 ore dall’ultima somministrazione.
Il ruolo del riflesso alterato nel Parkinson
I risultati dello studio hanno permesso di dimostrare che la rigidità muscolare dipende da un riflesso specifico, che nei pazienti affetti da Parkinson risulta alterato. “Abbiamo dimostrato che la rigidità è legata a un riflesso patologico”, spiega Antonio Suppa. “La levodopa agisce ripristinando schemi di attivazione muscolare più vicini a quelli normali”.
Un nuovo circuito nervoso influenzato dalla dopamina
Partendo dai dati raccolti, i ricercatori hanno poi individuato un nuovo circuito nervoso che risente direttamente dell’azione della dopamina, il principale neurotrasmettitore coinvolto nella malattia di Parkinson. Questo circuito potrebbe diventare il bersaglio di nuove strategie terapeutiche, con l’obiettivo di sviluppare trattamenti ancora più efficaci e mirati per combattere la rigidità muscolare e migliorare la qualità della vita dei pazienti.