Le nane bianche, pur non raggiungendo l’estrema densità delle stelle di neutroni, sono tra gli oggetti più affascinanti e densi dell’universo. Una porzione di materia di una nana bianca, grande quanto un cucchiaino, peserebbe circa una tonnellata sulla Terra. Questo le rende in grado di modificare sensibilmente lo spaziotempo, costringendo la luce che emettono a subire il cosiddetto redshift gravitazionale, fenomeno previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein. È proprio sfruttando questo effetto che un gruppo di astrofisici ha ottenuto nuove evidenze scientifiche su un aspetto finora poco studiato: la relazione fra massa, raggio e temperatura delle nane bianche.
L’effetto della temperatura sulle dimensioni delle nane bianche
Le nane bianche sono il risultato evolutivo di stelle simili al Sole che, una volta terminata la loro fase attiva, si riducono a nuclei ultradensi e stabili. La relazione tra massa e raggio di queste stelle è ben nota: maggiore è la massa, minore è il raggio, rendendole così più compatte. Tuttavia, una ricerca pubblicata recentemente su The Astrophysical Journal ha dimostrato che anche la temperatura gioca un ruolo fondamentale.
Gli studiosi hanno confermato che, a parità di massa, le nane bianche più calde sono leggermente più grandi rispetto a quelle più fredde. In altre parole, sono meno compatte, o per dirla in modo più semplice, più “gonfie”. Questa osservazione, finora mai verificata con certezza, arricchisce la nostra comprensione della fisica delle nane bianche.
Osservazioni dettagliate: un campione di oltre 26mila stelle
Il risultato è stato possibile grazie all’analisi di un enorme campione di oltre 26.000 nane bianche, osservate mediante i dati della Sloan Digital Sky Survey e della missione Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea. Grazie ai telescopi situati in Cile e nel Nuovo Messico, gli scienziati hanno misurato parametri fondamentali come la velocità radiale, la gravità superficiale, la temperatura effettiva e il raggio di ciascuna stella.
Per eliminare le variabili dovute ai moti casuali delle velocità radiali, i ricercatori hanno raggruppato le stelle in base al raggio e alla gravità superficiale. Questo ha permesso di isolare il contributo dovuto al redshift gravitazionale, ottenendo così una misura diretta della relazione tra massa e raggio, tenendo conto dell’effetto della temperatura.
La pressione di degenerazione e il limite di Chandrasekhar
Le nane bianche mantengono la loro straordinaria densità grazie alla pressione di degenerazione degli elettroni, un principio quantistico che arresta il collasso gravitazionale per masse inferiori al limite di Chandrasekhar (circa 1,4 volte la massa del Sole). Questa pressione consente alle nane bianche di rimanere stabili per miliardi di anni, anche senza reazioni nucleari. Già nel 2020 lo stesso gruppo di astrofisici aveva dimostrato che queste stelle si comprimono progressivamente con l’aumento della massa. Tuttavia, solo ora si è riusciti a confermare con precisione l’impatto della temperatura sulla loro struttura.
Implicazioni per la fisica fondamentale e la materia oscura
Questo studio rappresenta un passo avanti fondamentale per l’astrofisica. Le nane bianche sono considerate dei laboratori naturali, utili per testare le teorie della fisica in condizioni di gravità estrema. Gli autori dello studio sottolineano che comprendere a fondo il comportamento “normale” di queste stelle è essenziale per identificare eventuali anomalie che potrebbero rivelare nuovi fenomeni fisici.
Secondo gli scienziati, le nane bianche potrebbero essere strumenti preziosi per cercare tracce di particelle esotiche legate alla materia oscura o per esplorare aspetti della gravità quantistica. Come afferma uno degli autori, Crumpler, “se vogliamo individuare segnali di materia oscura o altri fenomeni esotici, dobbiamo prima comprendere appieno la fisica ordinaria che governa questi oggetti”.
Un risultato che apre nuove prospettive
L’osservazione che le nane bianche più calde sono leggermente più grandi rispetto a quelle più fredde rappresenta un’ulteriore dimostrazione di quanto siano complesse e affascinanti queste stelle. Studiando le proprietà di questi corpi celesti, non solo possiamo comprendere meglio l’universo che ci circonda, ma possiamo anche fare luce su alcuni dei misteri più profondi della fisica moderna.