I tornado, tra i fenomeni atmosferici più devastanti, nascono spesso all’interno di temporali supercellulari, ma i dettagli sul loro processo di formazione restano in parte un enigma per gli scienziati. Un nuovo studio suggerisce che l’utilizzo dei muoni, particelle subatomiche generate dai raggi cosmici, potrebbe fornire informazioni cruciali per svelare i segreti delle dinamiche di questi fenomeni.
Muoni e pressione atmosferica: una tecnica innovativa
I muoni, particelle simili agli elettroni ma con una massa maggiore, si formano quando i raggi cosmici interagiscono con l’atmosfera terrestre. Questi raggi, composti principalmente da protoni ad alta energia, generano una cascata di particelle, tra cui i muoni, che raggiungono la superficie terrestre.
Secondo uno studio pubblicato in Physical Review D, i muoni potrebbero essere usati per misurare la pressione atmosferica all’interno di temporali e tornado. Le simulazioni indicano che le zone a bassa pressione all’interno dei temporali supercellulari giocano un ruolo chiave nella formazione dei tornado. Tuttavia, effettuare misurazioni dirette in queste condizioni estreme è incredibilmente difficile.
William Luszczak, fisico della Ohio State University, spiega come questa tecnologia potrebbe superare il problema: “Potresti effettivamente usare questa tecnica per fare misurazioni della pressione a distanza. Invece di installare un sensore all’interno di un tornado, potresti misurare la pressione da cinque chilometri di distanza.”
Come i muoni rivelano i segreti atmosferici
I muoni sono influenzati dalla densità dell’aria che attraversano. Una bassa pressione atmosferica, che implica una minore densità, consente a un numero maggiore di muoni di raggiungere il suolo. Questo fenomeno potrebbe essere rilevato con strumenti adeguati, che consentirebbero di determinare i cambiamenti di pressione e, quindi, studiare i processi che avvengono all’interno dei temporali.
I ricercatori propongono l’utilizzo di un rilevatore di muoni distribuito su un’area di circa 1.000 metri quadrati. Sebbene l’idea sembri ambiziosa, esperimenti su scala ancora maggiore, come il progetto GRAPES-3 a Ooty, in India, hanno dimostrato che tali rilevatori sono tecnicamente realizzabili. GRAPES-3, che copre un’area di 25.000 metri quadrati, ha utilizzato i muoni per studiare il comportamento elettrico nei temporali, aprendo la strada a nuove applicazioni.
Strumenti fissi o portatili: la sfida della mobilità
Uno dei principali ostacoli nell’applicazione di questa tecnica è la necessità di un’area di rilevamento sufficientemente ampia per catturare dati significativi. Hiroyuki Tanaka, fisico dell’Università di Tokyo, sottolinea come i temporali supercellulari, essendo più piccoli rispetto ai cicloni, richiedano una rete di rilevatori estremamente precisa. “Le supercelle sono molto più piccole dei cicloni… Per questo motivo, abbiamo bisogno di un’area di rilevamento molto più grande,” afferma Tanaka.
Un approccio alternativo potrebbe essere rappresentato da rilevatori portatili di circa 100 metri quadrati, che potrebbero essere posizionati in prossimità delle zone in cui sono previsti temporali. Questo tipo di tecnologia potrebbe consentire un monitoraggio più diretto e tempestivo, ma resta da verificare se tale configurazione sia tecnicamente fattibile.
Verso un primo test sul campo
I primi esperimenti pratici di questa tecnica sono previsti già per l’estate prossima, quando Luszczak e il suo team sperano di verificare l’efficacia del metodo in condizioni reali. Se i risultati fossero positivi, questa tecnologia potrebbe rappresentare un importante passo avanti nello studio dei tornado e nella comprensione dei fenomeni meteorologici estremi.
L’uso dei muoni nel campo della meteorologia potrebbe dunque aprire una nuova frontiera per la ricerca scientifica, combinando strumenti della fisica delle particelle con le esigenze di monitoraggio atmosferico. Mentre i dettagli tecnici e logistici restano una sfida, il potenziale di questa innovazione è indubbiamente enorme. I raggi cosmici, che viaggiano per milioni di chilometri nello spazio, potrebbero diventare preziosi alleati nel svelare i misteri dei fenomeni meteorologici più complessi del nostro pianeta.