La Grande Palude Dismal, nel sud della Virginia, sta vivendo una trasformazione straordinaria: da ecosistema degradato e fonte di carbonio a serbatoio naturale in grado di contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico. Questo paesaggio, che un tempo era stato prosciugato e sfruttato dall’uomo, è oggi al centro di ambiziosi progetti di ripristino che ne stanno cambiando il destino.
Passeggiate al crepuscolo nella palude
Fred Wurster, idrologo del Servizio Fish and Wildlife degli Stati Uniti, ha trascorso più di un decennio lavorando per riportare l’acqua in questo fragile ecosistema. Durante le sue esplorazioni al crepuscolo, circondato da zanzare e fitta vegetazione, attraversa aree devastate da incendi passati, oggi nuovamente vive grazie a piccoli interventi di ripristino. Tra i segni della rinascita, si possono sentire il gracidare delle rane e lo stridio degli insetti provenienti da zone prima devastate e ora allagate.
“Il sistema è complesso e delicato,” osserva Wurster, sottolineando come conoscere veramente la Grande Palude Dismal richieda un’immersione profonda, sia fisica che scientifica.
La torba: un tesoro sotto i piedi
Sotto la superficie della Grande Palude Dismal si cela uno strato di torba, un materiale organico spugnoso formatosi in migliaia di anni. In assenza di ossigeno, le piante morte non si decompongono completamente, accumulandosi in profondità fino a nove piedi in alcune aree. Questo prezioso strato agisce come un serbatoio di carbonio: le torbiere, pur coprendo solo il 3% della superficie terrestre, immagazzinano il doppio del carbonio contenuto in tutte le foreste mondiali messe insieme.
Tuttavia, l’intervento umano ha trasformato questo serbatoio in una fonte di emissioni. Dal XVIII secolo, il prosciugamento delle torbiere e il disboscamento intensivo hanno esposto la torba all’aria, innescandone la decomposizione e alimentando incendi devastanti. Tra questi, il più grave è stato quello del 2011, che ha generato enormi quantità di anidride carbonica.
Un cambio di rotta: il ripristino delle torbiere
Negli ultimi decenni, organizzazioni come The Nature Conservancy e il Servizio Fish and Wildlife hanno lavorato per invertire i danni causati dall’uomo. Dal 2012, sono stati reidratati circa 60.000 acri della Grande Palude Dismal. Innalzare il livello delle acque non solo rallenta la decomposizione della torba, ma promuove anche la formazione di nuovi strati, contribuendo a ridurre le emissioni di gas serra.
Eric Soderholm, responsabile del ripristino delle zone umide presso The Nature Conservancy, sottolinea come il recupero delle torbiere sia una delle strategie più efficaci per mitigare gli effetti del cambiamento climatico. “Ripristinare questi ecosistemi è cruciale,” spiega, evidenziando il potenziale di riduzione delle emissioni paragonabile a togliere dalla strada milioni di auto ogni anno.
Grazie a un finanziamento di 200 milioni di dollari previsto dall’Inflation Reduction Act, è in corso un progetto per ripristinare ulteriori 33.000 acri di torbiere e proteggerne altri 10.500 in Virginia e nella Carolina del Nord. Questo intervento potrebbe portare a una riduzione significativa delle emissioni di gas serra, stimata tra 57.000 e 1,4 milioni di auto in meno sulle strade.
Strumenti innovativi e nuove prospettive
Una delle novità introdotte da The Nature Conservancy è uno strumento che permette ai proprietari terrieri di calcolare il carbonio sequestrato reidratando le proprie torbiere. Questo approccio potrebbe incentivare la partecipazione privata, rendendo il ripristino delle torbiere una fonte di crediti di carbonio commerciabili sul mercato.
La composizione unica delle torbiere del sud-est degli Stati Uniti, meno incline alla produzione di metano rispetto ad altre zone umide, offre un ulteriore vantaggio climatico. Tuttavia, il processo di ripristino è complesso e richiede una gestione strategica per massimizzare i benefici ambientali e climatici.
Un lavoro in corso tra sfide e compromessi
Ripristinare completamente la Grande Palude Dismal è una sfida. Le torbiere degradate non trattengono l’acqua con la stessa efficacia di quelle intatte, e gli interventi devono fare i conti con infrastrutture come strade e fossati, necessari per il controllo degli incendi. Nonostante questi ostacoli, i risultati sono incoraggianti. Studi recenti stimano che la reidratazione completa del rifugio potrebbe evitare fino a 16,5 milioni di tonnellate di emissioni di CO₂ entro il 2062.
Tuttavia, il processo richiede compromessi. Il ripristino delle foreste storiche, dominate dal cedro bianco atlantico, implica la riduzione di specie tolleranti alla siccità come l’acero rosso. Questi cambiamenti, pur necessari, possono influire sull’ecosistema attuale.
Chris Lowie, direttore del rifugio, spiega che l’obiettivo non è riportare la palude al suo stato originario, ma renderla più resiliente alle sfide del XXI secolo, come tempeste, incendi e inondazioni. Ripristinare la diversità della foresta non solo migliora la capacità di sequestro del carbonio, ma offre anche habitat per la fauna selvatica e riduce il rischio di disastri naturali.
Una strategia senza rimpianti
Nonostante le difficoltà, il ripristino delle torbiere rappresenta una soluzione win-win per l’ambiente e le comunità locali. Interventi come quelli della Grande Palude Dismal dimostrano che è possibile trasformare un ecosistema da problema a risorsa, contribuendo significativamente alla lotta contro il cambiamento climatico e migliorando la qualità della vita per le generazioni future.