La cosiddetta “malattia del Nobel”, o Nobelite, è un fenomeno curioso che colpisce alcuni vincitori del prestigioso Premio Nobel, portandoli ad abbracciare credenze pseudoscientifiche o opinioni discutibili al di fuori del loro ambito di competenza. Sebbene non sia una condizione medica reale, il termine descrive una tendenza che ha attirato l’attenzione per la sua frequenza e il suo impatto, con protagonisti celebri come Albert Einstein, Pierre Curie e Kary Mullis.
Cosa si intende per “malattia del Nobel”
Il fenomeno si manifesta quando alcuni vincitori del Premio iniziano a sostenere teorie bizzarre, idee pseudoscientifiche o opinioni dannose, spesso allontanandosi dal campo che ha portato loro il riconoscimento. Questa inclinazione può variare da credenze relativamente innocue, come l’interesse per il paranormale, a posizioni più pericolose, come il sostegno a pratiche mediche controverse o teorie negazioniste.
Esempi noti includono:
Pierre Curie, che partecipava a sedute spiritiche credendo che il paranormale potesse rivelare segreti scientifici.
Kary Mullis, premio Nobel per la chimica, che negava il legame tra l’HIV e l’AIDS e sosteneva di aver incontrato un procione verde brillante su una moto.
Charles Richet, Nobel per la medicina, che coniò il termine “ectoplasma” e lo associò alle sedute spiritiche.
Le ragioni dietro il fenomeno
Pressioni esterne e sovraesposizione mediatica
Uno dei motivi principali dietro questa “malattia” è la pressione esercitata dai media e dall’opinione pubblica, che vedono i vincitori del Nobel come esperti universali. Questa percezione li spinge a commentare argomenti al di fuori del loro campo, portandoli a errori di giudizio. Il biologo Paul Nurse, vincitore del Nobel, ha spiegato: “Sarai sommerso da richieste di commentare una vasta gamma di questioni. Non farti tentare di allontanarti troppo dalla tua conoscenza specialistica.”
Eccessiva fiducia in sé stessi
Il riconoscimento di un Nobel può alimentare un senso di onniscienza e invulnerabilità. Alcuni vincitori sviluppano una fiducia eccessiva nelle proprie capacità, che li porta a sottovalutare le critiche o a ignorare i limiti della propria conoscenza.
Errori cognitivi e personalità
Secondo uno studio, tratti come il narcisismo, l’eccessiva apertura mentale e il complesso del guru (una convinzione di superiorità intellettuale) possono predisporre le menti brillanti a credenze non convenzionali. Inoltre, errori cognitivi come il bias blind spot, che rende difficile riconoscere i propri pregiudizi, possono amplificare questa tendenza.
Esempi illustri e controversie
James Watson, Nobel per la scoperta della struttura del DNA, ha sostenuto credenze razziste sulla correlazione tra razza e intelligenza.
Richard Smalley, Nobel per la chimica, si oppose alla teoria dell’evoluzione, sostenendo posizioni creazioniste.
Isaac Newton, pur non vincitore del Nobel (che non esisteva ai suoi tempi), è spesso citato per il suo interesse per l’alchimia e credenze religiose stravaganti.
È davvero un fenomeno diffuso?
Nonostante i casi celebri, non ci sono prove definitive che i vincitori del Nobel siano più inclini a credenze pseudoscientifiche rispetto ad altri scienziati. Tuttavia, la loro visibilità pubblica amplifica qualsiasi deviazione dal pensiero critico.
Il fenomeno ci ricorda che nessuno è immune dagli errori cognitivi, nemmeno le menti più brillanti. Tuttavia, la “malattia del Nobel” non è una vera malattia, ma una curiosità che riflette la complessità della mente umana e le sfide legate al successo.