Nel giro di pochi giorni, i devastanti incendi a Los Angeles hanno sollevato interrogativi fondamentali sull’impatto della crisi climatica, spesso evitati da politici, media e opinione pubblica. Tra questi, uno in particolare si fa sempre più urgente: che futuro ha il settore assicurativo quando milioni di abitazioni si trovano in aree ad alto rischio? Dalle foreste della California, minacciate dalle fiamme, alle città colpite da uragani, inondazioni e l’innalzamento del livello del mare, l’intero sistema assicurativo sta affrontando una sfida senza precedenti.
L’esodo delle assicurazioni dalla California
Lo scenario è drammatico. State Farm, Farmers e Allstate, tre colossi delle assicurazioni, hanno annunciato nel 2023 che non avrebbero più stipulato nuove polizze in California, citando l’aumento esponenziale dei rischi dovuti agli incendi. Solo nel 2024, i vigili del fuoco dello stato hanno affrontato oltre 8.000 incendi, che hanno incenerito più di un milione di acri e distrutto oltre 2.000 abitazioni.
Ma non è solo la California a subire il contraccolpo. In tutto il Paese, milioni di proprietari di case stanno vedendo le loro polizze annullate o non rinnovate. Un’indagine congressuale ha rivelato che dal 2018 più di 1,9 milioni di contratti assicurativi sono stati cancellati, e il numero degli avvisi di non rinnovo è triplicato in oltre 200 contee degli Stati Uniti.
Il paradosso delle assicurazioni: finanziare il disastro che le minaccia
Da decenni, le compagnie assicurative conoscono i rischi legati al cambiamento climatico. Già nel 1973, la tedesca Munich Re aveva pubblicato un rapporto in cui si parlava esplicitamente del pericolo derivante dall’aumento della CO₂ e delle temperature. Nel 2014, il CEO del gigante francese AXA aveva dichiarato che un mondo più caldo di 4°C sarebbe stato impossibile da assicurare.
Eppure, nonostante questi avvertimenti, le assicurazioni sono diventate tra i principali finanziatori dell’industria dei combustibili fossili, la principale responsabile della crisi climatica. Oggi, il settore assicurativo detiene il 4,4% del proprio portafoglio di investimenti in petrolio, gas e carbone, una quota in crescita rispetto al 3,8% di nove anni fa. State Farm e Berkshire Hathaway hanno addirittura incrementato i loro investimenti nei combustibili fossili di oltre 200 miliardi di dollari nello stesso periodo.
Questa strategia miope sta generando un circolo vizioso: le assicurazioni investono miliardi in aziende che aggravano il cambiamento climatico, il quale a sua volta aumenta i disastri naturali e le perdite assicurative, costringendole a ritirarsi da intere aree geografiche.
Perdite miliardarie: il conto da pagare per il riscaldamento globale
Le cifre raccontano una realtà allarmante. Nel solo ultimo decennio, le perdite assicurate legate agli eventi climatici estremi sono aumentate dal 31% al 38%, superando qualsiasi altro settore economico. Complessivamente, circa 600 miliardi di dollari di perdite negli ultimi vent’anni sono attribuibili ai cambiamenti climatici.
Per le 28 maggiori compagnie assicurative statunitensi, le perdite dovute alla crisi climatica hanno quasi azzerato i profitti derivanti dai premi raccolti dalle aziende di combustibili fossili. Nel complesso, queste compagnie hanno perso 10,6 miliardi di dollari a causa di eventi climatici estremi, un valore vicino agli 11,3 miliardi di dollari incassati dai premi sulle polizze sottoscritte con il settore petrolifero e del gas.
L’aumento delle catastrofi climatiche ha reso le polizze assicurative sempre più costose. Tra il 2020 e il 2023, il costo medio dell’assicurazione sulla casa è aumentato di oltre il 30% (al netto dell’inflazione, l’aumento è stato del 13%). Per molti americani, il costo proibitivo delle polizze sta traducendosi nell’impossibilità di assicurare la propria abitazione.
I più colpiti? I cittadini a basso reddito
Come spesso accade, i più penalizzati sono le fasce economicamente più vulnerabili. Secondo la Consumer Federation of America, circa il 15% dei proprietari di casa con un reddito inferiore a 50.000 dollari annui non ha alcuna copertura assicurativa. Tra le comunità più colpite ci sono le famiglie latine e afroamericane, che registrano rispettivamente un tasso di non assicurazione del 14% e dell’11%.
Molti proprietari di casa scoprono di essere sottoassicurati solo dopo aver subito una catastrofe. Un’indagine dell’Università del Colorado Boulder sugli incendi del 2021 ha rivelato che il 74% delle vittime non aveva una polizza sufficiente per coprire i costi di ricostruzione della propria abitazione.
Un caso emblematico è quello di Erica Solove, madre di due figli, la cui casa è stata distrutta nell’incendio di Marshall, in Colorado. Dopo il disastro, ha scoperto che la sua polizza, basata su una valutazione obsoleta dell’immobile, non copriva i costi di ricostruzione. Per rimediare, è stata costretta a lanciare una raccolta fondi online e ad attingere ai suoi risparmi.
Il rischio di una nuova crisi finanziaria
L’impatto della crisi assicurativa potrebbe andare ben oltre il mercato immobiliare. Molti economisti temono che il ritiro delle compagnie assicurative possa innescare una crisi ipotecaria simile a quella del 2008-2009. Poiché l’assicurazione sulla casa è obbligatoria per ottenere un mutuo, un aumento dei premi o la mancanza di copertura potrebbe far crollare la domanda immobiliare e ridurre drasticamente il valore delle abitazioni.
Il Comitato per il Bilancio del Senato ha lanciato l’allarme in un rapporto del dicembre 2024, sottolineando che una crisi su larga scala nel settore assicurativo potrebbe rappresentare un rischio sistemico per l’economia statunitense, con conseguenze paragonabili a quelle della crisi finanziaria globale di quindici anni fa.
Il futuro delle assicurazioni: una rivoluzione obbligata
Mentre il settore assicurativo degli Stati Uniti continua a sostenere l’industria dei combustibili fossili, alcune compagnie stanno iniziando a prendere provvedimenti. Il gigante italiano Generali ha annunciato che, a partire dall’ottobre 2024, non fornirà più nuove coperture per progetti di petrolio e gas nei settori midstream e downstream.
Negli Stati Uniti, tuttavia, le assicurazioni continuano a giocare un ruolo chiave nel finanziamento di grandi progetti di gas naturale liquefatto. Il terminal Rio Grande LNG in Texas, ad esempio, è stato finanziato da colossi assicurativi come Fidelity & Guaranty Life Insurance, Allianz Life Insurance of North America e Symetra Life Insurance.
Mentre il mondo accelera la transizione verso l’energia pulita, il settore assicurativo deve decidere da che parte stare. Continuare a finanziare i combustibili fossili significa alimentare il rischio che sta già devastando il loro stesso modello di business. L’alternativa? Smettere di investire in un settore che sta minando la loro stessa sopravvivenza.