Il telescopio Chandra rivela un processo cosmico di raffreddamento
I buchi neri non sono solo voraci divoratori di materia, ma possono anche raffreddare il loro cibo prima di inghiottirlo, in un processo che ricorda l’azione umana di soffiare su una bevanda bollente per evitare ustioni. Questa sorprendente scoperta è stata effettuata dagli astronomi della NASA utilizzando il telescopio a raggi X Chandra e il Very Large Telescope (VLT), che hanno osservato alcuni dei buchi neri più massicci dell’universo, situati al centro di sette ammassi di galassie.
Quando i potenti getti di plasma espulsi dai buchi neri colpiscono il gas caldo intergalattico, noto come mezzo intraclustro (ICM), essi scavano immense cavità, favorendo la formazione di strutture filamentose composte da gas caldo ionizzato e gas più freddo. Questo materiale, una volta raffreddato, ricade nuovamente verso il centro dell’ammasso galattico, alimentando il buco nero e innescando ulteriori esplosioni di energia. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Astronomy il 27 gennaio.
L’appetito cosmico dei buchi neri supermassicci
I buchi neri supermassicci, presenti nel cuore di tutte le grandi galassie, sono oggetti di proporzioni titaniche, con masse che variano da milioni a miliardi di volte quella del Sole. Alcuni di essi, come Sagittarius A (Sgr A) al centro della Via Lattea, sono relativamente dormienti, mentre altri, come quello al centro della galassia Messier 87 (M87), sono attivi e turbolenti, emettendo giganteschi getti di plasma che si estendono per migliaia di anni luce.
Sgr A ha una massa di 4,3 milioni di volte quella del Sole, mentre il buco nero di M87 ha una massa di 6,5 miliardi di volte quella solare. Tuttavia, non è la loro massa a determinare la loro attività, ma la quantità di materia di cui si nutrono. Il buco nero di M87 è estremamente attivo perché si trova in una regione ricca di gas e polveri, che formano un disco di accrescimento rotante. Al contrario, Sgr A consuma così poca materia che il suo “pasto” può essere paragonato a un essere umano che mangia un chicco di riso ogni milione di anni.
Quando un buco nero attivo si nutre, parte della materia viene intrappolata nel disco di accrescimento, mentre il campo magnetico convoglia il gas non consumato verso i poli, generando getti di particelle ad alta velocità. L’area circostante un buco nero attivo viene definita Nucleo Galattico Attivo (AGN), e il fenomeno legato ai suoi getti è noto come feedback AGN. Lo studio della NASA ha analizzato buchi neri ancora più massicci, situati nei centri degli ammassi di galassie, con masse che possono raggiungere decine di miliardi di volte quella del Sole.
I buchi neri preferiscono il gas raffreddato
I dati raccolti da Chandra e VLT hanno permesso di studiare due degli ammassi di galassie più imponenti dell’universo:
- L’Ammasso di Perseo (Abell 426), situato a circa 240 milioni di anni luce dalla Terra, composto da migliaia di galassie immerse in una nube di gas incandescente.
- L’Ammasso del Centauro (A3526), situato a 170 milioni di anni luce di distanza, che ospita centinaia di galassie.
Le immagini ottenute mostrano regioni blu, che rappresentano i raggi X emessi dal gas caldo, e filamenti rossi, che indicano il gas più freddo osservato nella luce ottica. Questi risultati confermano la teoria secondo cui i getti dei buchi neri possono non solo riscaldare il gas circostante, ma anche raffreddarlo in alcune regioni, formando strutture filamentose che ricadono verso il centro dell’ammasso e alimentano nuovamente il buco nero.
Questo ciclo di raffreddamento e alimentazione porta a una sorprendente autoriproduzione dell’attività del buco nero, in cui il materiale incandescente viene raffreddato, cade nel disco di accrescimento e genera nuove esplosioni di energia, alimentando ulteriormente il buco nero.
Una connessione tra buchi neri e formazione stellare
Lo studio ha rivelato un’importante correlazione tra la luminosità dei filamenti di gas caldo e quella del gas più freddo. Questo significa che le regioni in cui il gas è più caldo tendono ad avere anche più filamenti di gas raffreddato, confermando che il processo di feedback AGN influenza attivamente la temperatura del gas intergalattico.
Una connessione simile è stata osservata nelle cosiddette “galassie medusa”, che presentano lunghe code di gas strappate mentre si muovono attraverso nubi dense di polveri intergalattiche. Questo suggerisce che i buchi neri supermassicci non influenzano solo l’ambiente circostante, ma potrebbero anche contribuire alla formazione delle galassie e addirittura alla creazione di nuove stelle.
Il gas freddo è infatti il materiale primario per la nascita stellare, e questo studio suggerisce che il raffreddamento indotto dai getti dei buchi neri potrebbe giocare un ruolo chiave nella crescita delle galassie. La ricerca è stata resa possibile grazie a tecniche innovative di analisi dei dati di Chandra, che hanno permesso di distinguere con precisione i filamenti di gas caldo dalle strutture circostanti, comprese le cavità scavate dai getti dei buchi neri.
Nuove prospettive sull’universo
Questa scoperta rivoluziona la nostra comprensione dei buchi neri supermassicci e del loro impatto sull’ambiente circostante. Il fatto che possano raffreddare la materia prima di inghiottirla apre nuovi scenari nella ricerca astrofisica e potrebbe essere fondamentale per comprendere l’evoluzione delle galassie e la formazione delle stelle.
Grazie a strumenti come il telescopio Chandra e il Very Large Telescope, gli scienziati possono continuare a esplorare questi enigmatici giganti cosmici, rivelando i misteriosi meccanismi dell’universo.