Le batterie a flusso redox (RFB) rappresentano una soluzione interessante per immagazzinare energia rinnovabile, contribuendo alla stabilità delle reti elettriche. Una recente scoperta ha aperto la strada all’utilizzo di un sottoprodotto industriale come componente chiave di queste batterie, eliminando la necessità di impiegare metalli rari come litio e cobalto, sempre più difficili da reperire. Questo approccio potrebbe rivoluzionare il settore dell’energia, rendendo il processo di accumulo più sostenibile e accessibile.
Come funzionano le batterie a flusso redox
Le batterie RFB conservano l’energia sotto forma di liquidi, detti anolita e catolita, che vengono stoccati in serbatoi separati. Quando è necessario generare energia, questi fluidi vengono pompati in una camera centrale, separati da una sottile membrana. Qui avviene una reazione chimica che produce elettroni, alimentando il sistema. Applicando una corrente inversa, il processo si ribalta, ricaricando la batteria.
Questo tipo di batteria ha diversi vantaggi: è economica e può essere scalata per immagazzinare grandi quantità di energia. Tuttavia, presenta anche alcune limitazioni. Tra queste, il grande ingombro – spesso paragonabile a un container – e la necessità di una manutenzione regolare a causa delle sue parti mobili.
La scoperta rivoluzionaria: trasformare i rifiuti industriali in anoliti
Un team guidato da Emily Mahoney presso la Northwestern University di Evanston, Illinois, ha sviluppato un metodo innovativo per convertire un sottoprodotto industriale in un anolita altamente efficace per le batterie RFB. Il materiale di partenza, l’ossido di trifenilfosfina, viene comunemente prodotto durante la fabbricazione di beni come le compresse di vitamine. In passato, questo residuo era considerato inutile e difficile da smaltire.
Grazie a un processo chimico relativamente semplice, i ricercatori sono riusciti a trasformarlo in ossido di trifenilfosfina ciclico, un composto che offre un elevato potenziale per immagazzinare carica negativa. Questa caratteristica non solo aumenta l’efficienza delle batterie, ma garantisce anche una stabilità eccezionale: i test dimostrano che il dispositivo mantiene la sua efficacia anche dopo 350 cicli di carica e scarica.
I vantaggi di questa innovazione
Secondo Mahoney, avere un anolita con un potenziale altamente negativo è un enorme passo avanti per il miglioramento delle batterie a flusso redox. Questo incremento nel potenziale complessivo delle celle aumenta l’efficienza energetica senza compromettere la stabilità, un problema che spesso limita le applicazioni pratiche delle innovazioni nel settore delle batterie.
Le RFB così migliorate potrebbero rappresentare una soluzione ideale per lo stoccaggio di energia eolica e solare, aiutando a bilanciare i picchi e le fluttuazioni tipiche di queste fonti rinnovabili. Tuttavia, le loro dimensioni ingombranti le rendono poco adatte a dispositivi portatili come smartphone o a veicoli elettrici, dove le batterie agli ioni di litio continueranno probabilmente a dominare.
Verso un futuro più sostenibile
Questa tecnologia rappresenta un passo importante verso un utilizzo più efficiente delle risorse disponibili e una riduzione della dipendenza da materiali critici come litio e cobalto. L’idea di trasformare un rifiuto industriale in una risorsa preziosa si allinea con i principi dell’economia circolare, riducendo gli sprechi e promuovendo un approccio sostenibile alla produzione energetica.
Le prospettive per le batterie a flusso redox alimentate da sottoprodotti industriali sono promettenti, soprattutto in un’epoca in cui la domanda di soluzioni per l’accumulo di energia è in costante crescita. Se la ricerca continuerà a progredire, queste batterie potrebbero giocare un ruolo fondamentale nell’accelerare la transizione globale verso un sistema energetico più pulito ed equilibrato.