La nostra galassia, la Via Lattea, potrebbe essere solo una piccola parte di una struttura locale molto più grande di quanto si pensasse. Questa scoperta, se confermata da ulteriori osservazioni e studi, potrebbe indicare che il nostro modello di evoluzione dell’universo non è ancora del tutto completo.
La struttura del cosmo: un universo di connessioni
L’universo è un vasto intreccio di strutture, formate attraverso interazioni gravitazionali. Noi stessi facciamo parte di un sistema complesso: orbitiamo attorno al Sole, il quale è un componente della Via Lattea. La Via Lattea, a sua volta, è parte del Gruppo Locale, che include diverse piccole galassie e la famosa Andromeda, nota per la possibilità di una futura collisione con noi.
Il Gruppo Locale e il Superammasso della Vergine
Il Gruppo Locale non è un’entità isolata. Si trova ai margini del Superammasso della Vergine, che è parte di una struttura ancora più grande chiamata Laniakea. Secondo un nuovo studio, Laniakea risiede all’interno di un “bacino di attrazione” (BoA) che potrebbe essere dieci volte più grande in volume.
Il concetto di bacini di attrazione
I bacini di attrazione sono strutture enormi, dove la gravità non è la forza dominante, ma esiste comunque un flusso comune. Gli astronomi hanno analizzato i movimenti di 56.000 galassie per creare una “mappa probabilistica” dell’universo locale, cercando di ridurre gli errori nella misurazione della velocità e del movimento delle galassie. L’obiettivo era identificare l’esistenza di questi bacini di attrazione.
Scoperte e implicazioni: un nuovo sguardo sull’universo
Il nostro universo può essere paragonato a una gigantesca rete, con le galassie che si dispongono lungo filamenti e si raggruppano in nodi dove le forze gravitazionali le attraggono. Come l’acqua scorre nei bacini idrografici, le galassie fluiscono nei bacini cosmici di attrazione. La scoperta di questi bacini più grandi potrebbe cambiare radicalmente la nostra comprensione della struttura cosmica.
Simulazioni e scoperte
Attraverso simulazioni sui dati raccolti, è emerso che il BoA include molte strutture gigantesche, tra cui il misterioso Grande Attrattore. Gli astronomi hanno trovato prove di un BoA centrato vicino al cluster di Ofiuco, che si trova dietro il centro della Via Lattea. Questo BoA potrebbe comprendere la regione del Grande Attrattore e l’entità Laniakea, inclusi noi stessi. Inoltre, la Grande Muraglia di Sloan e la struttura associata risultano essere estremamente dominanti.
Incertezze e futuri studi
Creare mappe dell’universo è un compito complesso, che richiede di tracciare il movimento delle galassie e il loro effetto reciproco per modellare questi “correnti” e flussi cosmici. Di conseguenza, esiste un alto grado di incertezza. Secondo le simulazioni del team, c’è una probabilità del 60% che la nostra Via Lattea non si trovi in Laniakea, ma nella concentrazione di Shapley.
Implicazioni per i modelli cosmologici
Oltre a chiarire il nostro “indirizzo” cosmico, lo studio potrebbe avere implicazioni significative per i nostri modelli dell’universo, se la stessa struttura continuerà a essere confermata con ulteriori osservazioni e analisi. Strutture di dimensioni così enormi sfidano la nostra comprensione del cosmo. In base a ciò che osserviamo nel fondo cosmico a microonde, la prima luce rilevabile dopo l’inflazione dell’universo, le strutture possono crescere solo fino a una certa dimensione nei nostri modelli attuali. Tuttavia, questa e altre scoperte simili sembrano essere più grandi di quanto i nostri modelli attuali prevedano.
Prospettive future
Il team di ricerca intende continuare a mappare le strutture più grandi del cosmo. Non è sorprendente che, più ci addentriamo nel cosmo, più scopriamo che il nostro superammasso domestico è più connesso ed esteso di quanto pensassimo. Scoprire che c’è una buona probabilità che facciamo parte di una struttura molto più grande è entusiasmante. Al momento, è solo un indizio: saranno necessarie ulteriori osservazioni per confermare le dimensioni del nostro superammasso domestico. Lo studio è stato pubblicato su Nature Astronomy.