Le “blue zones” sono aree geografiche dove si ritiene che le persone vivano molto più a lungo della media. Tuttavia, una recente ricerca premiata con l’Ig Nobel potrebbe mettere in discussione questa idea. Secondo lo studio, errori amministrativi, frodi pensionistiche e la mancanza di certificati di nascita spiegano l’apparente longevità eccezionale di queste zone.
La ricerca dietro le “blue zones”
Origine e popolarità delle “blue zones”
Le “blue zones” sono state identificate come regioni del mondo dove la popolazione sembra avere una vita media significativamente più lunga. Tra queste aree figurano la Sardegna in Italia, Okinawa in Giappone, Loma Linda in California, Nicoya in Costa Rica e Ikaria in Grecia. L’idea ha guadagnato popolarità grazie a studi che hanno analizzato vari fattori come le abitudini di vita, le connessioni sociali, i biomarcatori e le variazioni genomiche degli abitanti di queste zone. L’obiettivo era scoprire i segreti della longevità.
Il contributo dell’Ig Nobel Prize
L’Ig Nobel Prize è un premio satirico assegnato annualmente a ricerche scientifiche che “fanno ridere, e poi pensare”. Nato nel 1991, celebra approcci insoliti e immaginativi alla ricerca. Quest’anno, il Dr. Saul Justin Newman del Centre for Longitudinal Studies dell’UCL ha vinto il primo Ig Nobel per la Demografia grazie al suo lavoro sui dati delle persone più anziane del mondo. Secondo Newman, i modelli di estrema longevità e supercentenari (persone di 110 anni o più) sono probabilmente il risultato di una cattiva gestione dei dati, errori amministrativi e frodi pensionistiche.
Le scoperte di Newman
Fattori che influenzano la longevità apparente
Nel suo nuovo studio preprint, ancora in attesa di revisione paritaria, Newman dimostra che i tassi più alti di longevità sono previsti da tre fattori principali: alta povertà, mancanza di certificati di nascita e un numero ridotto di novantenni. La povertà, in questo contesto, porta a una maggiore pressione per commettere frodi pensionistiche. Allo stesso tempo, l’introduzione specifica dei certificati di nascita è associata a una diminuzione del 69-82% nel numero di supercentenari registrati.
Critiche ai dati esistenti
Newman ha anche messo in discussione casi apparentemente validati di persone più anziane del mondo, incluso l’uomo più anziano del mondo, che sembra avere tre date di nascita diverse. “Errori sostanziali sono stati recentemente scoperti in ogni ‘Blue Zone’”, scrive Newman. Nel 1997, trentamila cittadini italiani risultavano percepire la pensione pur essendo deceduti. Nel 2008, il 42% dei costaricani di 99 anni o più aveva dichiarato un’età errata nel censimento del 2000 e, dopo una correzione limitata degli errori, la Blue Zone di Nicoya si è ridotta del 90% e l’aspettativa di vita in età avanzata è crollata da leader mondiale a “quasi in fondo alla classifica”.
Implicazioni delle scoperte
Rivalutazione delle diete e degli stili di vita
Anche l’analisi delle presunte ragioni della longevità estrema si è rivelata piuttosto sospetta. Ad esempio, una dieta a base di verdure e patate dolci è stata identificata come un potenziale fattore per gli abitanti della blue zone di Okinawa. Tuttavia, il governo giapponese ha dichiarato che gli abitanti di Okinawa consumano il minor numero di verdure e patate dolci del paese e hanno anche gli indici di massa corporea più alti.
Debunking di altre ricerche
Newman ha precedentemente smentito altre affermazioni riguardanti l’età estrema. Ad esempio, ha confutato uno studio del 2016 che suggeriva un limite definito alla durata della vita umana. Poi, nel 2018, ha smentito un altro studio che sosteneva l’opposto, dimostrando che i modelli nei dati sull’età avanzata sono probabilmente causati da errori.
Conclusioni
Le scoperte di Newman mettono in discussione l’idea che le “blue zones” siano luoghi dove le persone vivono eccezionalmente a lungo grazie a fattori specifici di stile di vita o genetici. Invece, suggeriscono che errori amministrativi, frodi pensionistiche e la mancanza di certificati di nascita siano le vere cause dell’apparente longevità. Questo studio invita a una rivalutazione critica dei dati e delle conclusioni precedenti, sottolineando l’importanza di una gestione accurata e trasparente dei dati demografici.