L’astronomo statunitense Fred Whipple, nel suo libro “The Mystery of Comets” del 1985, affermava che la protezione della Terra dall’impatto di corpi cosmici non è un progetto fantascientifico, ma una necessità concreta. Secondo Whipple, il costo di un’impresa del genere sarebbe paragonabile, se non inferiore, alle spese militari globali. Egli suggeriva che potremmo scegliere di difenderci da comete e asteroidi piuttosto che da noi stessi.
La missione Dart e l’impattore cinetico
La tecnica dell’impattore cinetico
Per mitigare il rischio di collisione degli asteroidi con la Terra, sono state ideate diverse tecniche. Tuttavia, l’unica provata sul campo è stata quella dell’impattore cinetico della missione Dart della NASA. L’impatto con un Nea (near-Earth asteroid) è l’unico evento naturale catastrofico su cui possiamo intervenire. Al contrario, non possiamo esercitare alcun controllo su eruzioni vulcaniche, terremoti o uragani. Pertanto, se venisse scoperto un Nea con un diametro significativo in rotta di collisione con il nostro pianeta, sarebbe necessario passare dalla teoria alla pratica per limitare i danni.
La velocità orbitale della Terra
La Terra si muove con una velocità orbitale di circa 30 km/s. Per percorrere una distanza pari al proprio diametro di 12.756 km, impiega circa 425 secondi, ovvero circa 7 minuti. Per evitare una collisione, dobbiamo almeno modificare il tempo di arrivo dell’asteroide di sette minuti. Considerando un periodo orbitale del Nea dell’ordine di un anno, questo equivale a una variazione dello 0,0013% del suo periodo eliocentrico. Una variazione minima su scala planetaria, ma sufficiente per garantire la nostra sopravvivenza come specie.
Alternative alla missione spaziale
Evacuazione della popolazione
Non è detto che la mitigazione del rischio comporti sempre una missione spaziale per intervenire direttamente sull’asteroide. Nel caso di un piccolo asteroide di 50-100 metri di diametro, con impatto previsto in una regione desertica o quasi disabitata, la mitigazione può semplicemente comportare l’evacuazione della popolazione residente. Tuttavia, le cose cambiano radicalmente se si considera l’impatto di un piccolo asteroide di 50 metri di diametro su una zona densamente popolata o di importanza strategica, l’impatto di un oggetto di circa 140 metri su una nazione ad alta densità di popolazione o la collisione di un asteroide di 300 metri di diametro ovunque sulla Terra.
Deflessione orbitale e distruzione del Nea
In questi casi, in termini puramente economici, risulta più conveniente la mitigazione del rischio sia per mezzo della deflessione orbitale, sia – come ultima ratio – distruggendo il Nea, se sufficientemente piccolo. L’orbita di un Nea può essere cambiata rapidamente applicando una forza in senso ortogonale al vettore velocità dell’asteroide, in modo da dargli una sorta di “spallata” che gli faccia cambiare rapidamente direzione, evitando così di collidere con la Terra.
Deflessione orbitale tramite esplosione nucleare
Limiti dell’impattore cinetico
Se il tempo di preavviso non è sufficiente o il Nea è di grosse dimensioni, un impattore cinetico potrebbe non bastare, dati i limiti sulla massa che può essere inviata nello spazio. Per questo motivo, i ricercatori continuano a studiare, come valida alternativa, anche la deflessione orbitale tramite esplosione nucleare. Questa tecnica offre la maggiore quantità di energia per unità di massa, circa 4·10^6 MJ/kg. In questo caso, l’impulso che verrebbe trasferito al Nea sarebbe principalmente dovuto all’emissione di neutroni e raggi X, oltre che dai detriti superficiali dell’asteroide vaporizzati ed espulsi nello spazio.
Esperimenti di laboratorio
Nathan Moore e colleghi dei Sandia National Laboratories di Albuquerque, negli Stati Uniti, hanno recentemente riprodotto in laboratorio l’effetto di un ordigno nucleare che esploda in prossimità della superficie di un asteroide. Non è la prima volta che vengono condotti esperimenti di questo tipo, ma è la prima volta che si è misurato l’impulso dovuto anche ai getti di materiale vaporizzato dalla superficie, dopo l’esposizione ai raggi X.
Risultati degli esperimenti e prospettive future
Generazione dei raggi X
Per la generazione del fascio di raggi X è stata utilizzata la Z machine, un’apparecchiatura progettata per testare i materiali in condizioni di temperatura e pressione estreme. Per generare i raggi X usati nell’esperimento, è stato portato allo stato di plasma un gas di argon, ottenendo così raggi X da 3-4 keV emessi nella ricombinazione fra ioni ed elettroni. L’impulso di raggi X, dopo pochi nanosecondi, ha colpito due modelli di asteroidi costituiti da sottili dischi del diametro di 12 mm sospesi nel vuoto tramite un sottilissimo foglio metallico: un campione era costituito da quarzo, mentre l’altro era fatto di silice fusa.
Misurazione del rinculo
All’arrivo dei raggi X, il primo a essere vaporizzato è il foglio metallico che sostiene il campione, che si trova improvvisamente sospeso nel vuoto e di cui si può misurare il rinculo per effetto della pressione di radiazione dei raggi X e della vaporizzazione del materiale superficiale. Anche se il target, dopo la rottura del foglio metallico che lo sostiene, inizia a cadere, la durata dell’esperimento è di soli 20 microsecondi e in questo brevissimo lasso di tempo si sposta di soli 2 nanometri, una quantità del tutto trascurabile.
Velocità di rinculo
In entrambi gli esperimenti, Moore e colleghi hanno osservato gli impulsi di raggi X riscaldare la superficie dei target, con conseguente emissione di getti di materiale vaporizzato che hanno generato una velocità di rinculo di circa 69,5 m/s e 70,3 m/s, rispettivamente. Questo esperimento rappresenta una versione in scala ridotta di uno scenario di deflessione orbitale di un asteroide utilizzando raggi X generati da un’esplosione nucleare a distanza ravvicinata.
Applicazione pratica
Supponendo di voler cambiare la velocità di un asteroide di circa 0,04 km/h, valore tipico richiesto per la difesa planetaria, facendo detonare un ordigno nucleare con un’energia di 1 megatone a una distanza dalla superficie dell’asteroide pari al raggio e applicando i valori della velocità di rinculo misurati in laboratorio, si trova che si riescono a deflettere asteroidi fino a circa 3-4 km di diametro. Praticamente tutti quelli pericolosi, considerando che i Nea con più di un km di diametro sono solo mille e il loro numero è completo al 95%. Con futuri esperimenti verranno studiati altri materiali, diverse strutture del bersaglio e impulsi di raggi X, poiché il getto di materiale vaporizzato dipende dalla composizione chimica dell’asteroide. Tuttavia, il risultato è abbastanza chiaro: con un opportuno preavviso è possibile deflettere anche asteroidi di grandi dimensioni usando ordigni nucleari da far esplodere in prossimità dell’asteroide senza mandarlo in frantumi. Una speranza in più, non per il pianeta Terra, ma per la nostra specie.