La materia oscura rappresenta uno dei più grandi misteri dell’universo. Secondo i cosmologi, la materia che possiamo vedere e toccare costituisce solo il 20% della materia totale dell’universo. Il restante 80% è composto da una forma ipotetica di materia invisibile, nota come materia oscura, che si pensa pervada l’universo ed eserciti una forza gravitazionale sufficiente a influenzare il moto di stelle e galassie. Sebbene l’esistenza della materia oscura sia ampiamente accettata dalla comunità scientifica, la sua identità rimane incerta, con numerose ipotesi ma nessuna certezza.
Ipotesi sulla natura della materia oscura
Particelle elementari sconosciute
La maggior parte delle teorie suggerisce che la materia oscura sia composta da particelle elementari sconosciute. Alcune ipotesi propongono che sia costituita da particelle massicce debolmente interagenti, note come WIMP. Altre teorie suggeriscono che la materia oscura possa essere formata da assioni, particelle ipotetiche che interagiscono molto debolmente con la materia ordinaria. Un’altra possibilità è che la materia oscura sia composta da particelle che interagiscono sulla scala di Planck, chiamate PIDM, o da neutrini sterili, particelle che non interagiscono con la materia ordinaria attraverso le forze fondamentali conosciute.
Buchi neri primordiali
Un’ipotesi alternativa, formulata per la prima volta negli anni ’70, propone che la materia oscura non sia fatta di particelle esotiche, ma di buchi neri. Non si tratta dei buchi neri astrofisici, che si formano dal collasso di stelle massicce, ma di buchi neri microscopici, piccoli quanto un atomo e pesanti quanto un grande asteroide. Questi buchi neri primordiali si sarebbero formati dal collasso di dense sacche di gas nell’universo primordiale. Un recente studio pubblicato su Physical Review D suggerisce che questa ipotesi potrebbe essere verificata monitorando l’orbita di Marte con strumenti ad alta precisione.
Verifica dell’ipotesi dei buchi neri primordiali
Simulazioni e probabilità
La ricerca, condotta da un team di scienziati del Massachusetts Institute of Technology, si basa sull’assunto che se la maggior parte della materia oscura è composta da buchi neri primordiali, questi dovrebbero attraversare il nostro Sistema Solare e produrre effetti misurabili sui corpi celesti. Per testare questa ipotesi, i ricercatori hanno condotto simulazioni basate sulla quantità stimata di materia oscura in una data regione dello spazio e sulla massa ipotetica di un buco nero primordiale. Hanno calcolato la probabilità che un simile oggetto attraversi il nostro vicinato cosmico e la velocità con cui potrebbe farlo. Sarah Geller, ricercatrice al MIT e co-autrice dello studio, sottolinea che i buchi neri primordiali non risiedono nel Sistema Solare, ma viaggiano attraverso l’universo. La probabilità che uno di questi buchi neri attraversi il Sistema Solare interno a una certa angolazione è di circa una volta ogni dieci anni.
Effetti sulle orbite planetarie
Utilizzando un codice che incorpora dati sulle orbite e le interazioni gravitazionali tra tutti i pianeti e alcune delle più grandi lune del Sistema Solare, i ricercatori hanno simulato cosa accadrebbe al passaggio di vari buchi neri di massa asteroidale da diverse angolazioni. Si sono concentrati in particolare sugli incontri ravvicinati. Benjamin Lehmann, fisico del MIT e co-autore dello studio, spiega che anche modellando solo due dozzine di oggetti in una simulazione accurata, è stato possibile osservare un effetto reale. I risultati delle simulazioni hanno mostrato che nessun effetto sulla Terra e sulla Luna era abbastanza certo da essere attribuito a un particolare buco nero. Tuttavia, Marte ha offerto un quadro più chiaro, con una deviazione evidente nell’orbita del pianeta. Se un buco nero primordiale dovesse passare a poche centinaia di milioni di chilometri da Marte, la sua orbita dovrebbe spostarsi di circa un metro. Questa variazione, sebbene piccola, è rilevabile dagli strumenti ad alta precisione che monitorano Marte.
Prospettive future e collaborazioni
Monitoraggio e conferma
Se nei prossimi due decenni venisse rilevata un’oscillazione nell’orbita di Marte, ci sarebbe ancora molto lavoro da fare per confermare che la causa sia un buco nero primordiale di passaggio. I ricercatori stanno già valutando la possibilità di una nuova collaborazione con un gruppo di ricerca esperto nelle simulazioni del Sistema Solare. Sarah Geller spiega che stanno lavorando per simulare un numero enorme di oggetti, dai pianeti alle lune fino alle rocce, e osservare i loro movimenti su scale temporali lunghe.
Precisione e telemetria
David Kaiser, professore di fisica al MIT e co-autore dello studio, ricorda che grazie a decenni di telemetria di precisione, gli scienziati conoscono la distanza tra la Terra e Marte con una precisione di circa dieci centimetri. Stanno sfruttando questa regione dello spazio, popolata da numerosi strumenti scientifici, per cercare di individuare un piccolo effetto. Se riuscissero a rilevarlo, sarebbe una buona ragione per continuare a perseguire l’idea che tutta la materia oscura sia composta da buchi neri prodotti meno di un secondo dopo il Big Bang, che hanno circolato nell’universo per 14 miliardi di anni. La ricerca sulla materia oscura continua a essere una delle frontiere più affascinanti della fisica moderna. Le ipotesi sui buchi neri primordiali offrono una prospettiva intrigante e, se confermate, potrebbero rivoluzionare la nostra comprensione dell’universo.