Una recente ricerca condotta dall’Università di Copenhagen ha portato alla luce livelli inaspettatamente elevati di metano nelle acque di fusione di tre ghiacciai canadesi, mettendo in discussione le convinzioni esistenti sulle emissioni di metano dai ghiacciai. Questi risultati suggeriscono che la produzione di metano sotto i ghiacciai è più diffusa di quanto si pensasse in precedenza, sollevando importanti interrogativi sul ciclo del carbonio nelle regioni ghiacciate e il loro impatto sul cambiamento climatico.
Il riscaldamento globale sta liberando riserve di metano, la cui dimensione rimane incerta. Una giovane ricercatrice dell’Università di Copenhagen ha trovato quantità significative di questo potente gas serra nelle acque di fusione di tre ghiacciai montani canadesi, precedentemente considerati zone prive di metano. Questa scoperta introduce nuove incertezze nella nostra conoscenza delle emissioni di metano dalle aree coperte dai ghiacciai nel mondo.
“La scoperta è sorprendente e solleva diverse domande importanti all’interno di questo settore di ricerca”, afferma il professore associato Jesper Riis Christiansen del Dipartimento di Geoscienze e Gestione delle Risorse Naturali.
Christiansen, coautore dell’articolo di ricerca, ritiene che la scoperta dimostri la possibilità che il metano sia presente sotto molti dei ghiacciai del mondo, finora esclusi.
“Quando vediamo improvvisamente che anche i ghiacciai montani, che sono piccoli rispetto a una calotta glaciale, sono in grado di formare ed emettere metano, amplia la nostra comprensione di base del ciclo del carbonio in ambienti estremi sul pianeta. La formazione e il rilascio di metano sotto il ghiaccio è più comprensivo e molto più diffuso di quanto pensassimo”, afferma.
Secondo i ricercatori, i risultati in Canada non suscitano immediatamente una maggiore preoccupazione in relazione al loro effetto sul cambiamento climatico. Tuttavia, quella conclusione potrebbe essere temporanea.