La Terra di miliardi di anni fa è stata oggetto di grande interesse sia per gli artisti che per gli scienziati, i quali hanno cercato di immaginare e studiare le condizioni primordiali del nostro pianeta. Una recente ricerca condotta dall’Università dell’Arizona ha messo in luce l’importanza dello zolfo nella chimica prebiotica della Terra, suggerendo che comprendere il suo comportamento nelle acque e nell’atmosfera della Terra primordiale è fondamentale per svelare le origini della vita. Nonostante le sfide poste dai processi geologici dinamici della Terra e dalle complesse reazioni dei composti dello zolfo, gli scienziati continuano a indagare su questo elemento chimico.
Lo studio guidato da Sukrit Ranjan, professore assistente presso il Lunar and Planetary Laboratory dell’Università dell’Arizona, si è concentrato sullo zolfo, un elemento chimico noto ma che ha resistito agli sforzi scientifici volti a comprendere il suo ruolo nell’origine della vita. Ranjan ha esplorato le concentrazioni di zolfo nelle acque e nell’atmosfera della Terra primordiale, sottolineando come i processi che rendono il nostro pianeta abitabile, come l’acqua liquida e la tettonica a placche, distruggano costantemente le rocce che conservano il record geologico della Terra.
La ricerca, pubblicata sulla rivista AGU Advances a dicembre, è stata selezionata come punto di riferimento editoriale, riconoscendo “esperimenti estremamente difficili da eseguire ma che forniscono vincoli per gli esperimenti di chimica prebiotica in laboratorio”. Al centro degli sforzi per svelare l’emergere della vita sulla Terra c’è il concetto del “mondo dell’RNA”, che si basa sulla capacità dell’RNA, una classe di molecole presenti in ogni cellula vivente, di svolgere il ruolo di enzima e di immagazzinare e replicare informazioni genetiche.
Gli scienziati hanno recentemente completato una ricerca durata mezzo secolo per creare molecole di RNA senza enzimi biologici, un grande passo avanti per dimostrare il mondo dell’RNA. Tuttavia, questi percorsi chimici si affidano tutti a una molecola critica di zolfo, chiamata solfito. Studiando campioni di roccia provenienti da alcune delle rocce più antiche della Terra, gli scienziati sanno che c’era abbondanza di zolfo sulla Terra prebiotica. Ma quanta parte di esso era nell’atmosfera? Quanta parte finiva nell’acqua? E quanta parte finiva come solfito produttore di RNA? Queste sono le domande a cui Ranjan e il suo team hanno cercato di rispondere.
Lo zolfo, una volta finito nell’acqua, si ossida rapidamente reagendo con l’ossigeno. Tuttavia, le evidenze geologiche indicano che c’era molto poco ossigeno nell’atmosfera della Terra primordiale, il che avrebbe potuto consentire al solfito di accumularsi e durare molto più a lungo. Nonostante ciò, anche in assenza di ossigeno, il solfito è molto reattivo e molte reazioni avrebbero potuto rimuoverlo dall’ambiente della Terra primordiale.
Il team di Ranjan ha condotto esperimenti per indagare questo problema in varie condizioni, un sforzo che ha richiesto cinque anni tra la progettazione degli esperimenti e la pubblicazione dei risultati. I solfiti, si è scoperto, si sproporzionano molto più lentamente di quanto si pensasse in precedenza. Studi precedenti avevano ipotizzato una foschia di zolfo che avvolgeva la Terra primordiale, ma il team di Ranjan ha scoperto che i solfiti si degradano sotto la luce ultravioletta più rapidamente del previsto. In assenza di uno strato di ozono durante i primi giorni della Terra, questo processo, noto come fotolisi, avrebbe rapidamente eliminato i composti di zolfo dall’atmosfera e dall’acqua.
La ricerca fornisce opportunità per testare sperimentalmente l’ipotesi della disponibilità di solfito nell’evoluzione delle prime molecole di vita. Ranjan ha espresso entusiasmo per un particolare campo di ricerca, la microbiologia filogenetica, che utilizza l’analisi del genoma per ricostruire i progetti di microorganismi che utilizzano lo zolfo e che si ritiene rappresentino i fili più antichi sulla Terra.