L’universo è un luogo vasto e misterioso, pieno di stelle, pianeti e, forse, forme di vita intelligenti. Da decenni, gli scienziati si interrogano sulla possibilità dell’esistenza di civiltà aliene e sul motivo per cui, nonostante la ricerca incessante, non siamo ancora riusciti a stabilire un contatto con esse. Una delle spiegazioni proposte per questo enigma, conosciuto come Paradosso di Fermi, è l’ipotesi delle “mondi acquario”, ovvero pianeti in cui forme di vita intelligenti potrebbero essere intrappolate, incapaci di comunicare o di lasciare il proprio mondo.
Il Paradosso di Fermi e le possibili risposte
Il Paradosso di Fermi, formulato nel 1950 dal fisico Enrico Fermi, solleva una domanda fondamentale: data l’immensità dell’universo e l’enorme quantità di stelle esistenti, perché non abbiamo ancora trovato tracce di civiltà aliene e perché queste non hanno cercato di contattarci? Nonostante la scoperta di numerosi esopianeti, sembra che nessun’altra forma di vita abbia manifestato il desiderio di trovare altri esseri intelligenti come noi. Le risposte a questo paradosso sono molteplici e vanno da spiegazioni innocue a scenari decisamente inquietanti. Tra le ipotesi recenti, vi è quella del “collo di bottiglia dell’ossigeno”, secondo cui gli alieni intelligenti potrebbero essere confinati in un’era preistorica senza sufficiente ossigeno per la combustione.
Le “mondi acquario”: civiltà intrappolate nei loro pianeti
In un nuovo articolo, Elio Quiroga, professore presso l’Universidad del Atlántico Medio in Spagna, propone alcuni scenari in cui specie aliene potrebbero essere intelligenti ma incapaci di lasciare il proprio pianeta o di comunicare con altri. Questi mondi, definiti “mondi acquario”, presentano diverse caratteristiche che ne limitano le possibilità di esplorazione e comunicazione.
Pianeti troppo grandi per essere abbandonati
Uno dei problemi principali per le civiltà aliene potrebbe essere la gravità del proprio pianeta. Per lasciare la Terra, ad esempio, è necessario raggiungere una velocità di fuga di circa 11 chilometri al secondo, o 40.270 chilometri all’ora, richiedendo un’enorme quantità di carburante per trasportare qualsiasi oggetto nello spazio. Se un pianeta ha una gravità ancora maggiore, la difficoltà di abbandonarlo aumenta esponenzialmente, limitando non solo la possibilità di esplorazione ma anche il progresso tecnologico. Una civiltà che non può lasciare il proprio pianeta non avrà comunicazioni satellitari né potrà osservare l’universo con strumenti avanzati come il Telescopio Spaziale James Webb.
Le sfide della comunicazione nei mondi oceanici
Un altro tipo di “mondo acquario” potrebbe essere rappresentato dai pianeti oceanici o hycean, dove la creazione di apparecchiature elettriche per la comunicazione a lunga distanza potrebbe essere quasi impossibile. In un mondo sommerso, dove i segnali sonori possono viaggiare per centinaia di chilometri, la necessità di sviluppare tecnologie di telecomunicazione potrebbe non emergere affatto, anche se il pianeta ospita una civiltà avanzata.
Sistemi binari e mondi perennemente nuvolosi
Altri mondi acquario proposti includono sistemi binari, dove è sempre giorno e le stelle non sono visibili, o mondi costantemente coperti da nuvole spesse. In questi luoghi, simili al pianeta Krikkit del romanzo “Guida galattica per autostoppisti”, le civiltà potrebbero non sviluppare il desiderio di esplorare al di fuori del proprio pianeta. Speriamo che, se mai scopriranno la nostra esistenza, la loro reazione non sia simile a quella dei Krikkit.