Il cambiamento climatico rappresenta una minaccia crescente per la produttività agricola e, di conseguenza, per la sicurezza alimentare globale. La necessità di sviluppare colture più resistenti, in grado di sopportare condizioni di siccità o elevata salinità del suolo, è diventata un’esigenza urgente. In questo contesto, uno studio condotto dalla Keck School of Medicine della University of Southern California (USC) ha rivelato che le piante utilizzano i loro orologi circadiani e una specifica proteina, ABF3, per gestire lo stress ambientale. Questa scoperta apre nuove strade per lo sviluppo di colture geneticamente migliorate, potenzialmente in grado di aumentare la resilienza e il rendimento di fronte ai cambiamenti climatici.
Il ruolo dell’orologio circadiano e della proteina ABF3
Le ricerche hanno dimostrato che le piante sfruttano i loro ritmi circadiani interni per adattarsi alle fluttuazioni nella disponibilità di acqua e nei livelli di salinità, presentando una strategia innovativa per lo sviluppo di colture in grado di resistere alle condizioni di siccità. I ricercatori hanno scoperto che le piante utilizzano i loro orologi circadiani per rispondere ai cambiamenti nei livelli esterni di acqua e sale durante il giorno. Lo stesso circuito, un elegante ciclo di feedback controllato dalla proteina ABF3, aiuta anche le piante ad adattarsi a condizioni estreme come la siccità. I risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.
Un equilibrio delicato tra tolleranza allo stress e crescita
Creare piante resistenti alla siccità è difficile, poiché le piante rispondono allo stress rallentando la propria crescita e sviluppo. Una risposta allo stress eccessiva significa una pianta che non rende al massimo. “C’è un delicato equilibrio tra potenziare la tolleranza allo stress di una pianta e massimizzare la sua crescita e resa”, ha affermato Steve A. Kay, autore senior dello studio e professore di Neurologia, Ingegneria Biomedica e Biologia Computazionale Quantitativa alla Keck School of Medicine e Direttore del USC Michelson Center for Convergent Bioscience.
Strategie per l’ingegneria di colture migliori
I risultati dello studio indicano due nuovi approcci che potrebbero aiutare a migliorare la resilienza delle colture. Da un lato, gli allevatori agricoli possono cercare e selezionare la diversità genetica naturale nel circuito circadiano ABF3 che conferisce alle piante un leggero vantaggio nel rispondere allo stress idrico e salino. Anche un piccolo aumento della resilienza potrebbe migliorare sostanzialmente la resa delle colture su larga scala.
La selezione genetica naturale
Kay e i suoi colleghi prevedono di esplorare un approccio di modifica genetica, utilizzando CRISPR per ingegnerizzare geni che promuovono ABF3 al fine di progettare piante altamente resistenti alla siccità. “Questo potrebbe essere un passo avanti significativo nel pensare a come modulare le piante coltivate per renderle più resistenti alla siccità”, ha detto Kay.
La modifica genetica come soluzione
L’approccio di modifica genetica potrebbe rappresentare una soluzione innovativa per affrontare la sfida posta dal cambiamento climatico. Utilizzando la tecnologia CRISPR, è possibile progettare geni che promuovono la proteina ABF3, creando così piante che possono sopravvivere e prosperare anche in condizioni di stress idrico estremo.
In conclusione, lo studio condotto dalla USC offre una nuova prospettiva su come le piante gestiscono lo stress ambientale e suggerisce approcci promettenti per lo sviluppo di colture più resilienti. Con il supporto del National Institute of General Medical Sciences dei National Institutes of Health, questa ricerca potrebbe avere un impatto significativo sull’agricoltura del futuro, contribuendo a garantire la sicurezza alimentare in un mondo in rapido cambiamento.