Il diabete di tipo 2 è una malattia metabolica che colpisce milioni di persone in tutto il mondo, portando a complicazioni gravi come l’ipercolesterolemia, l’ipertensione e l’obesità. La ricerca di nuove terapie per gestire questa patologia è costante e, recentemente, uno studio ha rivelato che la proteina GDF15 potrebbe offrire un nuovo approccio per ridurre la sintesi di glucosio e la fibrosi epatica, migliorando così il trattamento del diabete di tipo 2 e dei disturbi metabolici associati.
La scoperta della proteina GDF15
La ricerca, condotta dall’Università di Barcellona e dal Centro di Ricerca Biomedica in Rete sul Diabete e i Disturbi Metabolici Associati (CIBERDEM), ha messo in luce un meccanismo inedito che potrebbe potenziare l’efficacia delle terapie esistenti per il diabete. Lo studio, realizzato su topi e colture cellulari, potrebbe aprire nuove strade per affrontare le malattie metaboliche, che rappresentano un problema sanitario globale di rilevante importanza.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Metabolism, si concentra sulla proteina GDF15, un fattore che si esprime ad alti livelli in molte malattie, come l’insufficienza cardiaca, il cancro e la malattia del fegato grasso. I pazienti obesi presentano anche livelli elevati di questa proteina, ma la sua funzione è alterata e possono sviluppare resistenza al GDF15, ovvero una riduzione dell’efficacia della sua attività.
Il ruolo della proteina GDF15
Lo studio è guidato dal professor Manuel Vázquez-Carrera, della Facoltà di Farmacia e Scienze Alimentari dell’UB, dell’Istituto di Biomedicina dell’UB (IBUB), dell’Istituto di Ricerca Sant Joan de Déu (IRSJD) e del CIBERDEM. La ricerca sottolinea anche la partecipazione dei ricercatori Patricia Rada e Ángela María Valverde, collaboratori del CIBERDEM, del Consiglio Nazionale delle Ricerche Spagnolo (CSIC) e dell’Università Autonoma di Madrid (UAM). Il lavoro ha la collaborazione del professor Walter Wahli dell’Università di Losanna (Svizzera), tra altri esperti.
Le implicazioni per il trattamento del diabete
Il nostro studio rivela che la GDF15 inibisce la sintesi di glucosio nel fegato. Questo percorso gioca un ruolo decisivo nella generazione di iperglicemia (aumento dei livelli di glucosio nel sangue) nei pazienti con diabete mellito di tipo 2″, afferma il professor Manuel Vázquez-Carrera.
“L’azione della proteina aiuterebbe anche a ridurre la presenza di fibrosi epatica, una condizione associata ad un aumento della mortalità nei pazienti con malattia del fegato grasso”, osserva il ricercatore.
La ricerca sui topi e le colture cellulari
Lo studio rivela che i topi carenti di GDF15 presentano intolleranza al glucosio e bassi livelli di proteina AMPK nel fegato, che è un sensore del metabolismo energetico nella cellula contro il diabete di tipo 2.
Inoltre, è stata rilevata un’aumentata sintesi di glucosio nel fegato (gluconeogenesi epatica) in questi modelli di studio, così come un aumento della fibrosi epatica.
Tutti gli indizi suggeriscono che tutte le alterazioni descritte sono state innescate da un aumento dei livelli epatici del fattore di crescita trasformante beta 1 (TGF-β1) e di una proteina mediatrice SMAD3, che sono i principali induttori della fibrosi epatica. Pertanto, il trattamento con GDF15 ricombinante può attivare AMPK e diminuire i livelli di SMAD3 attivo nel fegato di topo e nelle colture di epatociti primari.
Le conclusioni dello studio
“In conclusione, i risultati indicano che GDF15 attiva la proteina AMPK e inibisce la gluconeogenesi epatica e la fibrosi attraverso la riduzione del percorso TGF-β1/SMAD3”, afferma Vázquez-Carrera.
“Questi risultati suggeriscono che la modulazione dei livelli di GDF15 potrebbe essere utile per migliorare l’efficacia dei trattamenti antidiabetici attuali, poiché la gluconeogenesi epatica è chiave nell’iperglicemia nei pazienti con diabete mellito di tipo 2, e i livelli sierici di TGF-β1 sono anche aumentati in questi pazienti”, conclude il ricercatore.