I denti di megalodonte sono sempre stati considerati affascinanti e misteriosi, ma una recente scoperta ha aggiunto un ulteriore elemento di sorpresa: un dente di megalodonte è stato trovato a 3.000 metri di profondità nel Pacifico, rivestito da una crosta di manganese che ne ha preservato i dettagli nonostante i milioni di anni trascorsi sul fondale marino.
La scoperta durante una spedizione scientifica
Durante una spedizione di tre settimane a bordo del vascello di esplorazione Nautilus, i ricercatori hanno pilotato il veicolo telecomandato Hercules e hanno fatto una scoperta straordinaria: un dente di Otodus megalodon a una profondità di circa 3.090 metri all’interno del Pacific Remote Islands Marine National Monument. Il dente di megalodonte è conservato solo nella sua corona triangolare, ma si trova in condizioni eccezionali, con i dettagli fini del suo bordo seghettato ancora visibili.
Il ruolo del manganese nella conservazione del dente
Il dente è parzialmente rivestito da una crosta di manganese, un elemento chimico noto per svilupparsi attorno ai nuclei fossili. I noduli di manganese sono oggetti di notevole interesse nella rivoluzione delle batterie verdi, poiché alcune aziende ritengono che l’estrazione delle pianure abissali per questi grumi ricchi di metalli rari potrebbe essere un modo meno dannoso per reperire le materie prime necessarie.
La storia di un dente di predatore marino
Il feroce dente ha giaciuto sul fondale marino per almeno 3,5 milioni di anni e in quel tempo potrebbe essere servito come cibo per un particolare gruppo di vermi. Il verme anellide Osedax packardorum è noto per scavare nei denti per nutrirsi della polpa di dentina, ed èpossibile che i giganteschi denti di megalodonte potessero essere serviti come un pasto sostanzioso.
La ricerca di fossili in mare profondo
Trovare fossili in mare profondo potrebbe non essere facile, ma i ricercatori affermano che ne vale la pena se vogliamo colmare le lacune nella nostra conoscenza di questi animali scarsamente conservati. “Questo fossile ci fornisce importanti informazioni sulla distribuzione del megalodonte”, ha detto Jürgen Pollerspöck, ricercatore presso la Bavarian State Collection of Zoology in Germania e coautore dello studio. “Il campione indica che il megalodonte non era una specie puramente costiera e che questa specie migrava attraverso i bacini oceanici in modo simile a molte specie odierne come lo squalo bianco”.
La scoperta di questo dente di megalodonte non solo aggiunge un nuovo capitolo alla storia di questi antichi predatori marini, ma solleva anche questioni importanti riguardo all’esplorazione e all’estrazione di risorse dai fondali marini, con implicazioni sia scientifiche che ambientali.