La gestione delle risorse idriche del fiume Colorado
Il fiume Colorado è una delle principali fonti di approvvigionamento idrico per gli stati dell’ovest americano. Tuttavia, la gestione delle sue risorse idriche è stata spesso oggetto di errori e controversie. Uno degli episodi più significativi in questo senso risale al 1922, quando la Colorado River Commission decise di suddividere le acque del fiume tra i vari stati interessati. La commissione si basò su una stima del U.S. Reclamation Service che indicava un flusso annuo di 16,4 milioni di acri-piedi (circa 20 miliardi di metri cubi) d’acqua a Lees Ferry, in Arizona. Tuttavia, questa stima non tenne conto di un altro studio, meno conveniente, condotto nel 1916 dall’idrologo Eugene Clyde La Rue, che aveva calcolato un flusso di soli 15 milioni di acri-piedi (circa 18,5 miliardi di metri cubi) d’acqua.
Il lavoro trascurato di Eugene Clyde La Rue
Eugene Clyde La Rue, idrologo dell’U.S. Geological Survey, aveva raccolto dati sul campo per diversi anni, misurando la profondità e la velocità del fiume Colorado e dei suoi affluenti. Il suo lavoro, però, fu ignorato dalla commissione, che preferì affidarsi alla stima più ottimistica del U.S. Reclamation Service. Questa decisione ha avuto ripercussioni significative sulla gestione delle risorse idriche del fiume Colorado fino ai giorni nostri.
Le sfide attuali e gli impatti dei cambiamenti climatici
Oggi, i livelli dei laghi Mead e Powell, i due principali serbatoi del fiume Colorado, sono scesi a livelli mai visti prima, sollevando preoccupazioni circa la possibilità che raggiungano uno stato di ”dead pool”, in cui l’acqua può entrare ma non uscire dai serbatoi. Inoltre, i cambiamenti climatici stanno riducendo le riserve di neve dell’ovest, che sono una fonte importante di acqua per il fiume. Di fronte a queste sfide, è fondamentale che la gestione delle risorse idriche del fiume Colorado tenga conto delle reali disponibilità d’acqua, ora e in futuro.
La revisione delle allocazioni d’acqua entro il 2026
Attualmente, i sette stati coinvolti nel Colorado River Compact stanno lavorando per rivedere un insieme di accordi e linee guida entro il 2026. L’idrologa Shemin Ge, dell’Università del Colorado a Boulder, spera che questa volta i leader lavorino a stretto contatto con gli scienziati e una gamma di membri della comunità, in particolare i gruppi indigeni, per costruire una “Legge del Fiume” che tenga conto di quanta acqua esiste effettivamente nell’ovest, ora e in futuro.
La necessità di includere dati scientifici e prospettive indigene
Shemin Ge sottolinea l’importanza di imparare dagli errori del passato e di includere dati scientifici e prospettive indigene nella revisione delle allocazioni d’acqua. Diversi gruppi indigeni detengono alcuni dei diritti più anziani sull’acqua nel territorio degli Stati Uniti occidentali, ma mancano dell’infrastruttura per accedere a gran parte della loro quota. È fondamentale che la loro voce sia ascoltata e che le loro conoscenze siano integrate nel processo decisionale.
La necessità di una stima realistica delle risorse idriche
La ricerca attuale stima il flusso del fiume Colorado a circa 13 milioni di acri-piedi (circa 16 miliardi di metri cubi) all’anno, rendendo persino le stime più modeste di La Rue una fantasia. Tuttavia, il Colorado River Compact continua a ripartire l’acqua sulla base del valore di 16,4 milioni di acri-piedi. Ge spera che, nel periodo che precede il 2026, i sette stati facciano ciò che Hoover non riuscì a fare: basarsi sulla migliore scienza disponibile per sviluppare stime realistiche di quanta acqua scorrerà effettivamente lungo il fiume nei decenni a venire.
In conclusione, la gestione delle risorse idriche del fiume Colorado richiede un approccio basato su dati scientifici accurati e un coinvolgimento attivo delle comunità indigene. Solo così sarà possibile affrontare le sfide attuali e gli impatti dei cambiamenti climatici, garantendo un approvvigionamento idrico sostenibile per le generazioni future.