Il ghiacciaio Pine Island, situato nella parte occidentale dell’Antartide, ha subito un ritiro irreversibile, superando un punto di non ritorno negli ultimi 80 anni. Questa è la conclusione a cui è giunto un recente studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Climate Change. La ricerca emerge in un momento cruciale, in cui i leader mondiali si sono riuniti a Dubai per discutere gli impatti del cambiamento climatico in occasione della conferenza COP28.
Metodologia di ricerca e risultati ottenuti
Per la prima volta, i ricercatori dell’Università di Northumbria e dell’Università di Bangor hanno combinato simulazioni numeriche, utilizzate da tempo per studiare il comportamento dei ghiacciai e delle calotte glaciali, con osservazioni satellitari reali, per identificare se in passato fosse stato superato un punto di non ritorno. Hanno così potuto confermare che il ghiacciaio Pine Island ha subito un rapido e instabile ritiro tra gli anni ’40 e ’70, portando a una perdita irreversibile di ghiaccio nel corso di diversi decenni.
Il contributo del ghiacciaio Pine Island all’innalzamento del livello del mare
Il ghiacciaio Pine Island, insieme al vicino ghiacciaio Thwaites, è stato definito il “ventre” della calotta glaciale dell’Antartide occidentale. Il ghiacciaio Pine Island è uno degli sbocchi di ghiaccio più veloci dell’Antartide occidentale e ha contribuito più di qualsiasi altro ghiacciaio antartico all’innalzamento medio globale del livello del mare negli ultimi decenni.
Meccanismo di ritiro e implicazioni
Tra gli anni ’40 e ’70, il ghiacciaio, che si estendeva per 40 km oltre la sua attuale posizione, si è staccato da una cresta del fondale marino. Ha subito un rapido ritiro fino a stabilizzarsi temporaneamente su una parte poco profonda del fondale marino alla fine degli anni ’80.
I ricercatori ritengono che un periodo di temperature oceaniche elevate sarebbe stato sufficiente a causare lo scioglimento sotto il ghiacciaio, costringendolo a ritirarsi dalla sua posizione a lungo termine sulla cresta. Sebbene lo studio suggerisca che questa fase accelerata di perdita di massa possa ora essersi arrestata, i risultati indicano che già nei primi anni ’70, il ghiacciaio si era ritirato a un punto tale da non poter recuperare la sua massa e posizione originali durante condizioni più fredde. Questo conferma che il ritiro del ghiacciaio durante questo periodo è irreversibile, il che significa che ha superato un punto di non ritorno.
Il ruolo delle interazioni tra oceano e ghiaccio
Il professor Mattias Green, professore di oceanografia presso la School of Ocean Sciences dell’Università di Bangor, ha dichiarato: “L’indagine evidenzia le importanti interazioni tra l’oceano e i ghiacciai in Antartide. Il trigger del ritiro storico è stato probabilmente un episodio di acqua oceanica calda che è entrata nell’area del ghiacciaio Pine Island, e anche quando le condizioni sono tornate allo stato freddo, il ritiro è continuato. Questo è piuttosto preoccupante per lo stato futuro del ghiacciaio Pine Island e dei suoi vicini in un mondo che si sta riscaldando”.
L’Università di Northumbria ospita uno dei più grandi gruppi di glaciologi al mondo che studiano le interazioni tra calotte glaciali e oceani. Hilmar Gudmundsson, professore di glaciologia e responsabile accademico del gruppo “Il futuro del ghiaccio sulla Terra” dell’università, coautore dello studio, ha avvertito che potrebbe essere stata una questione di fortuna se il ritiro dei ghiacciai si è stabilizzato dopo alcuni decenni di perdita di ghiaccio a causa della topografia del substrato roccioso sotto il Mare di Amundsen.
I ricercatori dell’Università di Northumbria stanno guidando importanti studi che valutano i cambiamenti in Antartide, tra cui il progetto TiPACCs (Tipping Points in the Antarctic Climate System), un progetto da 4 milioni di sterline che indaga sulla probabilità di cambiamenti improvvisi e ampi nel contributo al livello del mare della calotta glaciale antartica a causa del superamento di punti di non ritorno nei mari marginali e nelle linee di galleggiamento delle piattaforme di ghiaccio fluttuanti che circondano la calotta glaciale.