Il desiderio umano è un fenomeno complesso e affascinante che ha da sempre catturato l’attenzione di scienziati e ricercatori. Recentemente, un team di studiosi ha fatto una scoperta rivoluzionaria: hanno identificato una sorta di ”impronta chimica” nel cervello che spiega perché siamo attratti da alcune persone più che da altre. Questa scoperta potrebbe avere importanti implicazioni per la comprensione delle relazioni umane e per il trattamento di disturbi mentali legati alla sfera sociale.
La ricerca sui topi della prateria
I topi della prateria sono stati gli inconsapevoli protagonisti di questa ricerca. Questi piccoli roditori, infatti, come gli esseri umani, formano legami monogami e sono quindi stati oggetto di studio per analizzare le dinamiche delle relazioni umane. Zoe Donaldson e il suo team hanno utilizzato tecniche di neuroimaging all’avanguardia per osservare in tempo reale cosa accade nel cervello di questi animali quando vengono separati dai loro partner.
Il ruolo del nucleo accumbens e della dopamina
Il nucleo accumbens, una parte del cervello cruciale per la motivazione alla ricerca della ricompensa, è stato al centro dell’attenzione degli studiosi. Quando un animale compie azioni che dovrebbero portarlo verso qualcosa che desidera, come un topo della prateria alla ricerca del suo compagno, il neurotrasmettitore dopamina inonda il sistema di ricompensa del cervello. I sensori a fibra ottica utilizzati nello studio si illuminavano ogni volta che rilevavano un aumento di dopamina. Quando i topi venivano finalmente riuniti con i loro amati, si assisteva a un vero e proprio spettacolo di luci, a differenza di quando erano separati e le luci si affievolivano.
La perdita del desiderio e la capacità di andare avanti
In un esperimento successivo, una coppia di topi della prateria è stata tenuta separata per quattro settimane. Al loro ricongiungimento, nonostante non si fossero dimenticati l’uno dell’altro, l’intensa attivazione della dopamina era scomparsa, indicando una perdita del forte desiderio reciproco. Questo fenomeno potrebbe essere interpretato come un “reset” nel cervello che permette all’animale di formare nuovi legami, una scoperta che potrebbe essere di buon auspicio per gli esseri umani che hanno vissuto una perdita o la fine di una relazione.
Potenziali terapie per disturbi mentali
Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per comprendere fino a che punto questi risultati siano applicabili agli esseri umani, gli autori dello studio ritengono che il loro lavoro potrebbe avere importanti implicazioni per le persone che affrontano il lutto o che faticano a formare relazioni intime. Comprendere cosa caratterizza i legami sani nel cervello potrebbe portare all’identificazione di nuove terapie per aiutare le molte persone con malattie mentali che influenzano la loro sfera sociale.
In conclusione, la scoperta di questa ”impronta chimica” del desiderio nel cervello apre nuove prospettive nella comprensione delle dinamiche delle relazioni umane e offre speranza per lo sviluppo di trattamenti innovativi per i disturbi legati alla socialità.