La ricerca genetica ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, permettendoci di scoprire dettagli sempre più precisi sulla storia dell’umanità e sulle condizioni di vita dei nostri antenati. Uno degli aspetti più affascinanti di questo campo di studio è l’analisi del DNA antico, che può rivelare informazioni preziose sulle malattie genetiche e sulle anomalie cromosomiche presenti nelle popolazioni del passato. Grazie a nuove tecniche di analisi, i ricercatori sono riusciti a identificare i primi casi conosciuti di due disturbi genetici legati al numero di cromosomi sessuali.
La scoperta di aneuploidie sessuali nel DNA antico
L’aneuploidia è una condizione genetica caratterizzata dalla presenza di un numero anomalo di cromosomi. Nella maggior parte delle cellule umane, sono presenti 23 paia di cromosomi, inclusi quelli sessuali: le femmine di solito hanno due cromosomi X (XX), mentre i maschi hanno un cromosoma X e uno Y (XY). Tuttavia, a volte possono verificarsi delle variazioni, come la mancanza o l’aggiunta di copie di questi cromosomi, che possono influenzare lo sviluppo dell’individuo.
Un team di ricerca ha sviluppato un nuovo metodo computazionale per rilevare con maggiore precisione queste variazioni nel conteggio dei cromosomi, in particolare quelli sessuali, nel genoma umano. Applicando questo metodo a un dataset del progetto “Thousand Ancient British Genomes”, i ricercatori hanno identificato cinque individui con aneuploidie dei cromosomi sessuali, due dei quali sono i primi casi conosciuti di disturbi genetici.
Turner e Jacob’s syndrome: le prime evidenze preistoriche
Attraverso misurazioni precise dei cromosomi sessuali, è stato possibile rilevare la prima evidenza preistorica della sindrome di Turner, risalente a 2.500 anni fa, e l’incidenza più antica conosciuta della sindrome di Jacob, risalente a circa 1.200 anni fa. La sindrome di Turner è caratterizzata dalla presenza di un solo cromosoma X, mentre la sindrome di Jacob è caratterizzata da un cromosoma Y aggiuntivo.
L’aneuploidia dei cromosomi sessuali può talvolta influenzare lo sviluppo; le ossa dell’individuo con la sindrome di Turner indicavano che non aveva attraversato la pubertà o la mestruazione, sebbene si ritenesse avesse tra i 18 e i 22 anni. Tuttavia, l’analisi ha rivelato anche che solo alcune delle cellule avevano una sola copia del cromosoma X, mentre altre ne avevano due, una condizione nota come mosaicismo.
La percezione del genere e della diversità nel passato
Lo studio ha identificato anche tre persone con la sindrome di Klinefelter (un cromosoma X aggiuntivo, XXY) che vissero in diversi periodi storici. Inoltre, è stato rivelato che un neonato dell’età del ferro aveva la sindrome di Down, risultato di una copia aggiuntiva del cromosoma 21, un’aneuploidia autosomica che non riguarda i cromosomi sessuali.
Nonostante sia difficile ricostruire un quadro completo della vita di questi individui e delle loro interazioni con la società, poiché non sono stati trovati con oggetti personali o in tombe insolite, queste scoperte possono offrire uno spaccato su come le percezioni dell’identità di genere si siano evolute nel tempo.
Il contributo della genetica evoluzionistica
Pontus Skoglund, coautore dello studio e genetista evoluzionistico, ha aggiunto che il nuovo metodo è in grado di classificare la contaminazione del DNA in molti casi e può aiutare ad analizzare il DNA antico incompleto, rendendolo applicabile a resti archeologici difficili da analizzare in precedenza.
Combinando questi dati con il contesto funerario e gli oggetti personali, è possibile ottenere una prospettiva storica su come sesso, genere e diversità venivano percepiti nelle società passate. Si spera che questo tipo di approccio venga applicato man mano che la risorsa comune dei dati sul DNA antico continua a crescere.
In conclusione, lo studio pubblicato in Communications Biology apre nuove strade per la comprensione delle condizioni genetiche e delle dinamiche sociali delle popolazioni antiche, offrendo una visione più ampia e dettagliata della storia umana.