Gli astronomi hanno fatto una scoperta sorprendente: buchi neri supermassicci che sembrano sfidare le leggi conosciute dell’universo. Questi buchi neri, definiti “sovradimensionati”, sono stati trovati in galassie dell’universo primordiale e presentano una massa che va da 10 a 100 volte superiore rispetto a quelli presenti in galassie di dimensioni simili nell’universo locale.
La scoperta grazie al JWST
Utilizzando il Telescopio Spaziale James Webb (JWST), gli astronomi hanno osservato 21 sistemi estremamente lontani, la cui luce ci raggiunge da un periodo compreso tra 12 miliardi e 13,2 miliardi di anni fa. Nell’universo attuale, il rapporto tra la massa di un buco nero supermassiccio (SMBH) e le stelle nella sua galassia è di 1 a 1.000. Tuttavia, in questi sistemi lontani, il rapporto tra le due masse arriva a 1 a 100, 1 a 10 e addirittura 1 a 1.
Le implicazioni della scoperta
Questa scoperta suggerisce che l’origine di questi buchi neri potrebbe essere diversa da quanto si pensava in precedenza. Il dottor Fabio Pacucci del Center For Astrophysics | Harvard & Smithsonian, autore principale dello studio, ha spiegato che in passato si riteneva che la massa di un buco nero fosse circa lo 0,1% della massa delle stelle della galassia ospitante. Questo non sembra essere il caso nell’universo distante, dove i buchi neri “sovradimensionati” sono molto più comuni.
Una delle teorie sulla formazione dei buchi neri supermassicci è lo scenario del “seme leggero”, secondo il quale questi buchi neri si formerebbero da stelle estremamente massicce, da 100 a 1.000 volte la massa del Sole, che esplodono in supernove.
Un’altra teoria è lo scenario del “seme pesante”, che suggerisce che enormi nubi di gas, dalle quali si formano queste stelle, possano formare direttamente buchi neri massicci con una massa compresa tra 10.000 e 100.000 volte la massa del Sole. Il dottor Pacucci ha spiegato che diversi studi suggeriscono che se i primi buchi neri si sono formati come semi pesanti, allora nell’universo ad alta-z (high-z) la loro massa dovrebbe essere simile alla massa stellare delle galassie ospitanti. Questo sembra essere confermato dalle osservazioni del JWST.
I buchi neri “sovradimensionati” potrebbero avere influenzato l’intera galassia in un modo che spiega perché questi oggetti rimangono sovradimensionati per un certo periodo. Il dottor Pacucci ha suggerito che queste galassie potrebbero aver formato semi pesanti con una massa vicina a quella delle stelle ospitanti e, data la dimensione del loro SMBH centrale, potrebbero aver emesso così tanta energia da rallentare la formazione stellare per un po’. Questa combinazione di fattori potrebbe spiegare perché si osservano principalmente buchi neri “sovradimensionati” nell’universo ad alta-z con il JWST, violando la relazione locale.
Il co-autore dello studio, il professor Roberto Maiolino dell’Università di Cambridge, ha affermato che con il JWST sarà possibile individuare come si sono formati i primi buchi neri supermassicci, trovando buchi neri più lontani e più piccoli di quelli finora scoperti, che lo studio prevede essere piuttosto abbondanti.
Lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal Letters e presentato al 243° incontro della American Astronomical Society.