Un recente studio ha messo in luce l’inaffidabilità dei metodi prevalenti utilizzati per prevedere la risposta delle specie arboree al cambiamento climatico. La ricerca, guidata dall’Università dell’Arizona in collaborazione con il Servizio Forestale degli Stati Uniti, si è concentrata sul pino ponderosa, un albero diffuso nel territorio occidentale degli Stati Uniti.
La metodologia “space-for-time substitution”
La sfida alla affidabilità del metodo
Lo studio ha messo in discussione la fiducia riposta nel metodo di “sostituzione spazio-temporale” (space-for-time substitution), ampiamente utilizzato nella ricerca ecologica per prevedere l’adattamento delle specie alle variazioni climatiche. Questa tecnica si basa sull’assunto che gli individui di una specie che prosperano in climi più caldi possano fungere da proxy per comprendere come quelli in aree più fresche possano reagire al riscaldamento globale. L’idea è che, con l’aumento delle temperature, le specie ai limiti più freschi della loro distribuzione si adatterebbero in modo simile ai loro omologhi in regioni più calde.
Le incongruenze del metodo
Tuttavia, il nuovo studio rivela che questo approccio potrebbe essere fondamentalmente errato. Applicato al pino ponderosa, il metodo ha proiettato in modo inaccurato una risposta positiva al riscaldamento, mentre la risposta reale è stata dannosa.
Le dichiarazioni degli esperti
“Abbiamo scoperto che la sostituzione spazio-temporale genera previsioni errate in termini di se la risposta al riscaldamento sia positiva o negativa”, ha affermato la coautrice dello studio Margaret Evans, professoressa associata presso il Laboratorio di Ricerca sugli Anelli degli Alberi dell’Università dell’Arizona. “Questo metodo suggerisce che i pini ponderosa dovrebbero trarre vantaggio dal riscaldamento, ma in realtà soffrono con il riscaldamento. Questo è pericolosamente fuorviante.”
Intuizioni critiche sugli alberi e il cambiamento climatico
L’analisi degli anelli degli alberi
Gli esperti hanno analizzato meticolosamente gli anelli degli alberi di pino ponderosa risalenti al 1900 in tutto l’Occidente degli Stati Uniti. Hanno confrontato la crescita effettiva degli alberi con le previsioni fatte dal modello spazio-temporale.
I risultati allarmanti
I risultati sono stati allarmanti: il modello non è riuscito a prevedere accuratamente la risposta degli alberi alle recenti tendenze di riscaldamento. I dati degli anelli degli alberi hanno dipinto un quadro nettamente diverso dalle previsioni del modello.
Impatti negativi e cambiamenti rapidi
In realtà, gli alberi hanno costantemente mostrato impatti negativi a causa della variabilità della temperatura. Gli anni più caldi hanno comportato anelli di crescita più piccoli della media, contraddicendo l’ipotesi del modello di un effetto benefico del riscaldamento.
Adattamento e migrazione
Un’intuizione chiave dello studio è che il ritmo del cambiamento climatico potrebbe superare la capacità degli alberi di adattarsi. La ricerca sottolinea un principio ecologico fondamentale: adattamento e migrazione sono processi graduati, spesso in ritardo rispetto ai rapidi cambiamenti ambientali.
Mentre l’adattamento evolutivo e la migrazione potrebbero teoricamente consentire alle specie di far fronte alle temperature in mutamento, l’attuale tasso di cambiamento climatico sembra troppo rapido perché questi processi naturali possano tenere il passo.
Il team ha anche esplorato come le variazioni nelle precipitazioni influenzano la crescita degli alberi, confermando che un aumento delle precipitazioni beneficia universalmente gli alberi, indipendentemente dal contesto temporale o spaziale.
“Queste previsioni basate sullo spazio sono davvero pericolose, perché i modelli spaziali riflettono un punto finale dopo un lungo periodo di tempo in cui le specie hanno avuto la possibilità di evolversi e disperdersi e, in definitiva, di distribuirsi nel paesaggio”, ha detto la professoressa Evans.
“Ma non è così che funziona il cambiamento climatico. Sfortunatamente, gli alberi si trovano in una situazione in cui il cambiamento sta avvenendo più velocemente di quanto possano adattarsi, il che li mette davvero a rischio di estinzione. È una parola di cautela per gli ecologisti.”
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.