Ci sono molte vie che ci vengono suggerite per vivere più a lungo: fare regolarmente esercizio fisico, seguire una dieta sana, ridurre lo stress. Uno studio condotto su vermi nematodi ha invece adottato un approccio più molecolare e ha scoperto che controllare i “geni saltellanti” potrebbe essere la chiave per prolungare la vita.
I geni saltellanti, cosa sono
I “geni saltellanti” sono anche noti come elementi trasponibili (TE), che sono regioni del DNA in grado di spostarsi nel genoma; negli esseri umani, quasi la metà del genoma è costituita da TE. Sebbene non siano sempre distruttivi, i TE possono spesso introdurre mutazioni in regioni funzionali del DNA e questa instabilità genomica è uno dei segni distintivi dell’invecchiamento.
In precedenti ricerche, gli scienziati hanno identificato una via molecolare che sembrava controllare i TE, nota come sistema Piwi-piRNA, avendola osservata al lavoro in cellule “immortali” – come le cellule tumorali, che continuano a crescere e dividere nonostante l’instabilità genomica – e nella “medusa immortale”. Si sono rivolti al comune organismo modello, il verme Caenorhabditis elegans, per dimostrare che controllare questa via e, di conseguenza, l’attività dei TE, potrebbe aumentare la longevità.
La sorprendente scoperta
Hanno scoperto che attivando il sistema Piwi-piRNA e di conseguenza bloccando l’attività dei TE, i vermi nematodi utilizzati nello studio vivevano tra uno e quattro giorni in più rispetto a quelli in cui l’attività non era bloccata. L’impatto era anche cumulativo: quando venivano controllati più TE, la longevità aumentava ancora di più.
“Nelle nostre prove di longevità, semplicemente riducendo l’attività dei TE o sovraesprimendo somaticamente gli elementi del percorso Piwi-piRNA, abbiamo osservato un vantaggio di longevità statisticamente significativo”, ha spiegato Ádám Sturm, uno degli autori dello studio.
Il fattore longevità
Ciò non solo ha fornito prove che il sistema Piwi-piRNA è effettivamente coinvolto nella regolazione dei TE, ma ha anche confermato l’ipotesi dei ricercatori secondo cui i TE sono un altro fattore che contribuisce alla longevità. “Questo apre la porta a una miriade di potenziali applicazioni nel mondo della medicina e della biologia”, ha detto Sturm.
Il team ha anche scoperto che, con l’avanzare dell’età dei vermi, i loro TE subivano una serie di modificazioni epigenetiche; queste sono modifiche che non alterano la sequenza del DNA stesso, ma possono influenzare se i geni vengono espressi o meno. Con l’avanzare dell’età dei vermi nematodi, gruppi metilici (un atomo di carbonio e tre atomi di idrogeno) si attaccavano al loro DNA e di conseguenza c’era un aumento dell’espressione e del salto dei TE.
Tibor Vellai, un altro degli autori dello studio, ha concluso che questa scoperta potrebbe fornire le basi per uno strumento molto utile: “Questa modifica epigenetica potrebbe aprire la strada a un metodo per determinare l’età dal DNA, fornendo un orologio biologico preciso”.
Quindi, mentre i TE potrebbero farci invecchiare, sembra che ci stiano anche dando una migliore comprensione di come funziona l’invecchiamento e di come potremmo riuscire a rallentarlo.
Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.