All’interno delle rocce nell’Artico sono state trovate rocce con livelli insolitamente alti di elio-3. L’elio-3 è un isotopo strano e raro. Il gas, la maggior parte del quale si è formato durante il Big Bang, è, a parte il protio, l’unico isotopo stabile di qualsiasi elemento che contiene più protoni che neutroni.
Oltre ad essere affascinante, a causa del suo potenziale utilizzo nei reattori a fusione, è anche molto ricercato. Sappiamo dove ce n’è molto. La Luna, senza un campo magnetico protettivo, è stata bombardata da esso dal vento solare, portando a chiedere di estrarre l’elio-3 dalla Luna (sì, proprio come nel fantastico film Moon). Ma c’è anche una grande quantità di elio-3 sulla Terra, molto più in profondità.
Durante la formazione del nostro pianeta, l’elio-3 della nebulosa solare primordiale è stato incorporato nel nucleo terrestre. Non ci è molto utile lì sotto (in termini di carburante per razzi) dato che abbiamo appena graffiato il mantello. Ma a volte fuoriesce in superficie dove possiamo trovarlo, con circa 2.000 grammi (4,4 libbre) che fuoriescono dalla Terra ogni anno.
Ricerche recenti hanno dimostrato che l’elio-3 può essere trovato nelle rocce vulcaniche sul fondo dell’oceano, ma il meccanismo di come sia arrivato lì dal nucleo rimaneva un mistero geologico. Un nuovo team ha scoperto che antiche colate di lava dell’Isola di Baffin nell’arcipelago artico del Canada contengono i rapporti più alti di elio-3 ed elio-4, e credono di avere una spiegazione su come l’isotopo viene portato in superficie terrestre.
Secondo un team precedente dell’Università di Princeton e dell’Istituto di Geochemica di Guangzhou, l’isotopo si sta introducendo nell’ossido di magnesio al confine tra il nucleo del nostro pianeta e il mantello, permettendogli di spostarsi nel mantello. Ricerche precedenti avevano dimostrato che quando l’elio-3 entra in contatto con l’ossido di magnesio, “esolve”, o si trasforma da un minerale omogeneo in uno con fasi cristalline, e che “l’elio preferisce fortemente entrare nell’ossido di magnesio nelle condizioni di confine tra nucleo e mantello”.
Nel nuovo articolo incentrato sull’Isola di Baffin, con i suoi rapporti insolitamente alti di elio-3 ed elio-4, il team ha trovato prove che “elementi volatili della nebulosa solare sono sopravvissuti nel mantello fin dalle prime fasi di accrescimento”, prima di arrivare in superficie in pennacchi del mantello, enormi risalite di roccia fusa dal confine tra nucleo e mantello.
Lo studio è stato pubblicato su Nature.